Alle consultazioni nemmeno si presenta, tanto la linea e’ gia’ dettata, e accolta peraltro dalla base con un entusiasmo che non si vedeva da tempo. Umberto Bossi nel giorno in cui sarebbe toccato anche alla Lega andare a confrontarsi con il futuro premier non solo conferma che non votera’ la fiducia a Mario Monti,

ma sceglie di ‘snobbare’ il futuro premier, sentito solo al telefono, e riunisce invece i suoi per riaprire il Parlamento Padano. La motivazione ufficiale, infatti, per l’assenza del Senatur, e’ proprio la riunione dello stato maggiore della Lega. Il classico incontro del lunedi’, che a differenza di tante riunioni fiume dura tra l’altro poco piu’ di un’ora, che permette a Bossi di sottrarsi a quell’esercizio ”bilaterale” e di ”democrazia”, come l’ha definito lo stesso premier incaricato, cui stanno partecipando tutte le altre forze politiche. Certo, il colloquio tra i due, come recita la nota diffusa da via Bellerio, sara’ anche stato ”cordiale e collaborativo”, visto che nonostante l”indisponibilita’ a votare la fiducia” rimane ”la disponibilita’ a valutare caso per caso i singoli provvedimenti. Ma il Senatur ci tiene a smarcarsi anche fisicamente da quel governo nominato – come accusa la base leghista – da lobby e consorterie internazionali.

Un governo di ”tecnocrati”, dicono senza mezzi termini le camicie verdi nel filo diretto con Radio Padania, che si traduce in un golpe. Un ”colpo di stato in pantofole” lo definisce qualcuno, dal quale bene ha fatto il Carroccio a rimanere fuori. E gia’ anche nelle riunioni locali del partito, riferiscono parlamentari leghisti, si respira un’altra aria. Gia’ inizia a pagare, insomma, la linea dell’opposizione dura, che rischia comunque di mettere a repentaglio il sodalizio con l’alleato storico. Nel Pdl, infatti, c’e’ chi come Sacconi si augura che ”nell’esperienza parlamentare” possa esserci spazio per quelle convergenze che hanno tenuto in piedi ”l’asse fondamentale con la Lega”. Ma c’e’ anche chi, come il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, chiarisce che ”con la Lega non si collabora sull’equivoco” riaperto dalla richiesta di Calderoli di mantenere le sedi dei ministeri al Nord. Intanto, se la ‘Lega di lotta’ ha ricompattato la base, la nuova linea politica ha sopito le tensioni interne. A darne una rappresentazione ‘plastica’ il primo a lasciare la riunione di oggi, Roberto Maroni, che lasciando via Bellerio ha scambiato con Rosy Mauro (una ‘cerchista’) un caloroso saluto a favore di fotografi e telecamere.

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