Quando l’incompetenza professionale di un chirurgo provoca il decesso del paziente per una quantita’ e qualità tale di sbagli da rasentare l’accusa di omicidio volontario, seppure nell’ipotesi del dolo eventuale, è legittimo e non eccessivo il provvedimento con il quale il pm ne chiede la dall’esercizio dell’attivita’ ospedaliera fino a quando non è stata fatta luce su quanto accaduto in sala operatoria.
Lo sottolinea la Cassazione accogliendo il ricorso della Procura di Pescara contro il Tribunale del riesame de L’Aquila che, piu’ volte, aveva detto ‘no’ alla sospensione di Orazio L. un chirurgo ginecologo. Il medico era finito sotto inchiesta dopo che una paziente era morta per un intervento da lui effettuato in laparoscopia, tecnica poi vietata – dopo questo decesso – dall’ospedale di Pescara nel quale era avvenuta l’operazione. Il camice bianco – ricorda la Cassazione, sentenza 42588 – era accusato di avere provocato colposamente il decesso di Anna Maria D. F. per averla operata “in presenza di circostanze che suggerivano l’adozione di altre tecniche chirurgiche”, eseguendo “in modo gravemente non corretto l’operazione procurando alla paziente molteplici lesioni alla vescica e all’intestino”. Inoltre il sanitario “non si era preoccupato di trattare dette lesioni iatrogene nonostante nel corso dell’intervento si fosse reso conto dell’accaduto”. “Non diagnosticava – infine – neppure nei giorni successivi all’intervento, le ragioni del quadro gravemente precario delle condizioni di salute della donna” che infatti mori’. Ad avviso del pm, il chirurgo “era incorso in gravissima negligenza ed imperizia ed alcuni profili della sua condotta apparivano configurare addirittura un’ipotesi di omicidio volontario sotto l’aspetto del dolo eventuale”. Insomma i profili “inusitati e peculiari della sua colpa professionale” – ha fatto presente il pm ai supremi giudici – richiedevano la misura cautelare della sospensione. Tra l’altro erano in corso indagini per lesioni gravissime su un’altra paziente. La Suprema Corte ha trovato “fondato” il reclamo e ha ordinato che sia presa piu’ seriamente in considerazione “il grado della colpa” addebitata al chirurgo per poi prendere tutte le misure contro il “pericolo di reiterazione da parte dell’imputato di delitti della stessa specie”. Sara’ anche valutata la “personalità” del medico e l’esistenza di altri procedimenti a suo carico.