CASERTA – Un’economia sociale come antidoto a quella criminale: è, in sintesi, il senso di “Facciamo un pacco alla camorra”, l’iniziativa promossa dal comitato “don Peppe Diana” e che, da ieri, vede coinvolta, in prima linea, la Camera di Commercio di Caserta.
“Abbiamo aderito con convinzione e decisione. Del resto, da quando si è insediata l’amministrazione che mi onoro di guidare, il rapporto con Libera è stato uno dei primi obiettivi. Da tempo – ha sottolineato il presidente Tommaso De Simone – questa amministrazione, più in generale, è impegnata in ogni iniziativa, che possa costituire momento ed occasione di lotta alla malavita organizzata. Non possiamo tollerare che circa il 30 per cento della nostra economia sia in mano ai camorristi. E’ nostro preciso dovere essere in prima linea per recuperare alla legalità e alla trasparenza il nostro territorio”.
L’iniziativa, che vede sullo stesso fronte ben 16 imprese (cooperative, sociali, imprese che hanno denunciato il racket) ed associazioni è stata presentata ieri nell’aula consiliare dell’ente camerale e ha visto la partecipazione, tra gli altri, i magistrati Donato Ceglie e Raffaello Magi
“Se si vuole – ha aggiunto De Simone – è un ulteriore tassello che si aggiunge al Modello Caserta, che tanti frutti sta raccogliendo nel contrasto alla malavita organizzata”.
“E’ un’esperienza, che intende promuovere “una filiera produttiva etica – ha spiegato Peppe Pagano della NCO (Nuovo commercio organizzato) – partendo dalle attività sociali sorte nei luoghi, che una volta erano simboli di violenza. Si creano così opportunità di sviluppo con il riuso produttivo e sociale dei beni confiscati alla camorra”. Il “pacco” è il contenitore dei prodotti (pasta, cioccolata, mozzarella, in particolare) realizzati sui terreni sottratti definitivamente all’economia camorristica e restituiti a nuova vita “grazie alla collaborazione tra istituzioni e le realtà sociali del territorio”. “Va però aggiunto – ha continuato – che si rende indispensabile la collaborazione di tutti per il riscatto, a cominciare dalle istituzioni. Occorre la bonifica e la mappatura dei territori. Se questa collaborazione non avverrà ha concluso – l’anno prossimo non ci sarà alcun pacco”.
“La camorra – ha sostenuto Raffaello Magi – non è altro che uno squallido sistema per fare soldi. Iniziative come questa sono indispensabili per il contrasto, “sfruttando” le risorse confiscate in una logica costruttiva, al servizio dello sviluppo. Va realizzata, in definitiva, una filiera, che conduca ad un consapevole consumo alternativo. La lotta al patrimonio camorristico – ha aggiunto – è la seconda fase di un impegno della magistratura contro la criminalità organizzata. Con serenità, rigore ma senza caccia alle streghe, occorre adesso snidare quanti, operando nell’economia legale, sono soprattutto il punto di riferimento della camorra”.
Straordinaria la testimonianza di Antonio Picascia, imprenditore di Cellole ribellatosi al racket nel 2007. “Ho avuto piena e solidale assistenza da parte delle forze dell’ordine e della Magistratura. In 60 giorni – ha svelato – coloro che avevano tentato di estorcere denaro sono finiti in carcere”. E allora? “Va detto che non lo Stato è assente ma la società civile”. E’ la burocrazia, gli uffici pubblici, che rappresentano, non di rado “dei veri sepolcri imbiancati” dei quali occorre liberarsi.
“La partita – ha infine concluso Ceglie – è ancora aperta e tutta da giocare. Certo: passi in avanti significativi sono stati compiuti nel contrasto militare della malavita. Ma non può ridursi tutto alla repressione. Se non si affrontano i nodi strutturali della malavita organizzata”, non riusciremo mai a liberare la nostra società dai suoi tentacoli.
I lavori sono stati coordinati da Gianni Solino, coordinatore provinciale di Libera. Li ha introdotti Valerio Taglione, coordinatore del comitato don Peppe Diana.