GALLO MATESE – Sarà uno degli assi portanti della rassegna “Il Ri torno a Gallo Matese” dal 21 agosto, giorno di apertura al 1 settembre : il ricordo di Don Libero Vitali, morto poco meno di tre anni fa .

La memoria fasciata di riflessione tra quei cerchi concentrici del passato più o meno recente e del futuro della comunità gallese. Emblematici sono i testi preparati per questa forma di avvolgente richiamo collettivo. “Una retrospettiva, in realtà, è pur sempre una prospettiva, vale a dire, un guardare indietro perscrutare l’orizzonte. Ricostruire- è scritto nella premessa della mostra dedicata alll’ex parroco-amico- la nostra memoria comune ci aiuta a capire il presente e decidere sui nostri destini collettivi. Ri-tornare nei luoghi, per chi vi è nato e cresciuto, è necessariamente anche un ripensare agli eventi vissuti, personali e collettivi. Ma anche in chi viene qui una prima volta, scoprire i nostri trascorsi può indurre a inseguirne le trame recondite e aver desiderio di ri-torno Per la nostra comunità, invece, questa retrospettiva vuole essere l’inizio di un percorso che mira alla nostra crescita interiore e al recupero del senso più vero del nostro vivere comune”. Il filo della memoria delle vicende si sviluppa attraverso un appassionato ed intenso testo, un documento che pubblichiamo: “ Don Libero: quarant’anni dedicati a noi tra armonia e contrappunto.Perché un prete, tanto diverso da quelli cui eravamo abituati, sia venuto proprio in questi luoghi non sappiamo.Sappiamo però che qui è stato uomo di profonda fede cristiana. Ci ha predicato il Vangelo a suo modo, ma lo ha praticato da umile francescano.Ha aperto la sua casa a tutti, cristiani e non credenti; ha condiviso con tutti quel poco che aveva, ha aiutato chi era nel bisogno soccorrendolo per quanto poteva. Non poche “professionalità “ di pronto soccorso immediato dovette imparare e praticare in fretta in una comunità priva dei servizi essenziali. Nei primi anni “70, a Vallelunga, che rinominò “ Gioiosa “ nonostante tutto e tutti, non c’era l’acquedotto, malati e donne partorienti dovevano fare 4 Km a piedi per prendere la corriera e raggiungere l’ospedale più vicino. C’era un solo posto telefonico e non sempre funzionante. Dopo la scuola dell’obbligo, in mancanza di trasporti pubblici, solo chi poteva pagarsi un collegio o una pigione poteva continuare gli studi. In queste condizioni, un uomo, libero nello spirito come nel nome, consapevole dell’arbitrarietà delle linee di demarcazione tra privato e pubblico, tra morale e politica, tra prete e uomo, e testimone delle iniquità che dalla medesima arbitrarietà molto spesso conseguono, ha difeso la sua comunità e ha lottato con i mezzi di cui disponeva per assicurarle dignità. A chi varcava per la prima volta la porta della sua casa o la soglia della chiesa non chiedeva se e in quale Dio credesse, ma se avesse mangiato. Sapeva che nell’essere umano il pane e l’acqua vengono prima di ogni pedagogia. Era uomo umile ma di cultura raffinata; aveva letto Manzoni e sapeva che il senso comune può intimidire il buon senso, perciò spesso preferì il dissenso, anche con noi, per approdare a una comunicazione più vera.Non è stato uomo di compromesso e di facile mediazione. Esigeva, prima di tutto da se stesso, corrispondenza tra parole ed opere; un’esigenza di coerenza a volte duramente pagata e sofferta. Ha cercato di insegnarci con l’esempio che le Istituzioni sono al servizio dell’uomo e non viceversa e ci ha indicato con le parole del Vangelo e con la sua pittura che la Chiesa deve essere al servizio di Cristo e non il contrario.Non sempre ci è stato chiaro il messaggio, ma ci si chiarirà continuando a indagare nel suo lascito e nella nostra coscienza.Le immagini e i dipinti qui esposti ci parlano del legame dei fratelli Vitali verso questi luoghi e verso i luoghi dello spirito, ma testimoniano soprattutto un grande affetto per noi. Siamo loro grati”.

 

Michele Martuscelli

 

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