MARCIANISE – Una platea molto interessata e partecipe ha seguito, sabato sera alle 20.00, presso la Chiesa dell’Annunziata a Marcianise, l’evento “Ricordando il cardinale Carlo Maria Martini”, promosso dall’Associazione marcianisana “Amici del Libro”. Particolarmente stimolanti, infatti, sono stati i riferimenti offerti dai due relatori: Il dottor Angelo Crescente, sindaco di Capodrise e Don Giuseppe Merola, studioso di giornalismo e di editoria e scrittore, nonché viceparroco della chiesa dell’Annunziata.
L’intento dei proponenti era quello di ripercorrere le tappe di un’esistenza, quella del Cardinale Martini, segnata da scelte coraggiose e da un’attenzione rivolta costantemente sia verso i problemi delle persone che verso i grandi orizzonti della Chiesa universale. E hanno centrato in pieno l’obiettivo i relatori, i quali, attraverso argomentazioni essenziali, hanno delineato il ritratto di Martini uomo e Martini sacerdote, ricordandolo attraverso l’istituzione della Cattedra dei non credenti e nella sua riconosciuta modernità, fino al suo approccio coraggioso al tema della sofferenza e della morte. È stato un incontro, quindi, quello di sabato, che si è rivelato provvidenziale per coloro che – a pochi giorni dalla sua scomparsa – sentivano l’esigenza di conoscere più da vicino un uomo che ha lasciato a credenti e non un’eredità spirituale, culturale e umana immensa. Martini è stato un personaggio noto in tutto il mondo, autore di decine e decine di libri, documenti pastorali, saggi e articoli. Di lui si è parlato tantissimo e si parlerà sicuramente per molto tempo ancora. Due aspetti della vita di Martini sono stati ripercorsi, in particolare, attraverso le parole di Don Giuseppe Merola: la vocazione sacerdotale e l’esperienza che forse più di tutte ha caratterizzato il suo ministero episcopale a Milano e che sicuramente conserva una sua attualità, visto il tempo in cui la Chiesa si trova a vivere, ovvero la “Cattedra dei non credenti”. Martini è stato un gesuita, il che non è cosa di poco conto. Quando Giovanni Paolo II lo nominò vescovo della più grande diocesi al mondo, Milano, che aveva già dato due papi alla Chiesa (Pio XI e Paolo VI), molti si chiesero come avrebbe fatto questo gesuita, senza nessuna esperienza pastorale, ad animare quella diocesi, fortezza del movimento “Comunione e Liberazione”, in una Lombardia segnata da una secolarizzazione galoppante, una corruzione ed una violenza politica allora corrente in Italia. Fu dalla Parola, più precisamente dalla preghiera di Sant’Ambrogio, fondatore della diocesi, che Martini trasse il suo slancio pastorale: “Signore, dà sempre al tuo popolo dei pastori che turbino la falsa pace delle coscienze”. Per descrivere ulteriormente lo stile del sacerdote e vescovo Martini, basta ricordare il motto che scelse come titolo del suo episcopato. Tratto dalla Regola pastorale di san Gregorio Magno, recitava: Pro veritate adversa diligere (per amore della verità, abbracciare le avversità). Una delle intuizioni più profonde del cardinale Martini fu quella di istituire la «cattedra dei non credenti». Non era tanto un tentativo di evangelizzazione di chi si sentiva fuori della Chiesa ma piuttosto un mettersi in ascolto delle loro ragioni, per meglio entrare in dialogo con loro ma anche perché i credenti potessero prendere coscienza del loro reale livello di fede.
Di grande interesse per l’esito positivo dell’evento e particolarmente apprezzato è stato anche l’intervento del dottor Crescente, in particolare, un suo passaggio relativo al tema della sofferenza e della morte e alla difficoltà di accettarla, per tutti. Il relatore ha dimostrato come sia pretestuoso e irrispettoso dubitare della scelta di Carlo Maria Martini di non volere ulteriori terapie, rifiutando l’accanimento terapeutico. Egli ha spiegato che in simili casi certe ostinazioni potrebbero ritenersi solo atti di turbamento della morte e che in tale ottica la morte del Cardinale Martini è avvenuta secondo i precetti e i canoni dell’etica cattolica; proprio perché quando la morte sta arrivando, quando la cura non ha più significato e si aggiunge solo dolore e tormento, allora bisogna rispettare il malato e la sua condizione con serenità.