PIEDIMONTE MATESE – Riceviamo e pubblichiamo la nota dell’associazione Umanità Nova in occasione del giorno della Memoria. “Forse non tutti sanno che il genocidio nazista cominciò proprio dai disabili. Le persone con disabilità, minori e adulte, furono le prime cavie designate di tutte le tecniche di annientamento, sterilizzazione e eutanasia sviluppate poi nella Shoah.
Le prime prove documentali degli orrori nazisti, riguardarono proprio la persecuzione e i campi di uccisione dei disabili, anticamera dell’universo concentrazionario. Le campagne di sterilizzazione, internamento e deportazione delle persone disabili, presero il via nei mesi immediatamente successivi all’ascesa di Hitler, trovando terreno fertile nelle teorie eugenetiche e nella difesa della razza. Dopo un’intensa campagna di sterilizzazione, si passò all’uccisione sistematica dei bambini disabili, in quanto uno degli aspetti più oscuri dell’olocausto. Il progetto T4, con questa denominazione, è popolarmente noto il criminale programma di sterminio, voluto dai nazisti, nei confronti di bambini, donne, uomini definiti con un crudele eufemismo “vite che non meritano di essere vissute”. T4, da Tiergarten Strasse, 4 –Berlino, l’indirizzo del quartiere generale da cui tutta l’Operazione Eutanasia venne diretta e gestita. l’eutanasia di massa degli adulti disabili, che condusse alla morte circa 70.000 cittadini tedeschi, iniziò solo nel 1939, per interrompersi poi, ma solo formalmente, su pressione dell’opinione pubblica e delle Chiese, nell’agosto del 1941. Con l’estendersi dei fronti di guerra, lo sterminio dei disabili non risparmiò certo i Paesi occupati, con drammatici strascichi anche in Italia, come testimonia la deportazione dei disabili ebrei internati negli ospedali psichiatrici di Venezia, deportati ad Auschwitz-Birkenau. La storia della deportazione dei pazienti ebrei ricoverati negli ospedali psichiatrici di S. Servolo e S. Clemente a Venezia, nella dinamica ed esemplarità delle vicende personali, assume una valenza paradigmatica nell’ambito della più ampia degli ebrei italiani. L’11 ottobre del ’44, su ordine del comando tedesco, coordinato dal capitano Stangl con l’attiva partecipazione della polizia italiana, i cinque pazienti ebrei dell’ospedale psichiatrico di S.Clemente ed i sei ricoverati di religione ebraica presso l’O.P veneziano di S. Servolo, furono prelevati per essere prima custoditi coattamente presso l’ospedale civile, che divenne un vero e proprio lazzaretto prigione per gli israeliti malati e poi condotti al campo di concentramento di Birkenau. Se si guarda alle vicende personali dei singoli soggetti, la cui ricostruzione storico-documentale è dovuta al lavoro certosino degli studiosi Angelo Lallo e Lorenzo Torresini, ci si rende conto di come all’indomani delle leggi razziali, anche in Italia il malato mentale, specie se ebreo, fu sottoposto ad una vera e propria eutanasia sociale, ne mancarono peraltro i tentativi di salvataggio da parte di singoli medici ed operatori sanitari. Esemplare a questo proposito, appare il caso del paziente M.L. sulla cui identità ebraica, si erano avuti all’inizio forti dubbi. Il paziente in questione, sfollato da Palermo, non presentava chiari sintomi di malattia mentale, ma solo un disorientamento da postumi di bombardamento. Fu ricoverato in ospedale psichiatrico, presumibilmente con documenti falsi, nel tentativo di sottrarlo ad eventuali retate. Si sospetta che il direttore della casa di cura, fosse a conoscenza dell’escamotage. La cattura dei degenti ebrei, come di tutta la popolazione ebraica del Veneto fu possibile a causa dell’intensa opera di delazione dell’ebreo Mauro Grini, noto alla polizia e al comando tedesco, col soprannome di Signor Manzoni, che non si faceva certo di denunciare i propri correligionari. Per parte sua, il presidente della comunità ebraica veneziana Giuseppe Jona, dopo le leggi razziali, essendo stato costretto a fornire gli elenchi della comunità, si tolse la vita. Dal ’38 al ’44, quando possibile i malati ebrei veneziani furono in qualche modo preservati dall’accoglienza e dal supporto della casa di riposo israelita, che nulla potè, comunque, al momento della deportazione. La lettura delle prove documentali dimostra come ben pochi dei ricoverati ebrei di S. Servolo e S. Clemente, presentassero vere e proprie patologie mentali. In alcuni casi si trattava di gente perfettamente integrata nel tessuto sociale e, come nel caso del paziente, G.R., nato in Turchia, financo iscritta ai fasci di combattimento, cui le leggi razziali inflissero un trauma psichico difficilmente sanabile. Questo ad ulteriore riprova che le leggi razziali e la Shoah furono, prima di tutto, alienazione sociale ed individuale della persona umana. Caricati sui carri bestiame per Birkenau, degli 11 pazienti ebrei di Venezia non si seppe più nulla. Alcuni compresero ciò che li aspettava, altri salirono felici e ignari sui convogli.Ai direttori dei manicomi arrivarono anche cartoline di saluto dai campi, non si sa se per comprovare un’esecuzione o per che altro. Le cartoline erano in realtà parte integrante di quel processo di dissimilazione della verità storica che abbiamo visto essere caratteristica del regime nazista. Molto probabilmente, gli undici degenti psichiatrici furono trucidati all’arrivo. I loro documenti, le loro tracce, furono bruciati. Le loro vite, cancellate. Come tutti i disabili, secondo i nazisti, non erano mai vissuti. L’Aktion T4 non ebbe lo scopo di rendere più breve la vita a persone afflitte da malattie incurabili, particolarmente dolorose. Non fu avviata per alleviare le sofferenze, a volte atroci, di malati terminali. Reale scopo di questa Aktion fu quello di assassinare esseri umani giudicati inferiori. Ben poche delle vittime presentavano reali disturbi mentali, molti erano solo sordi, o ciechi, o erano portatori di deformità fisiche. Non accettabili, per gli assassini nel loro assurdo, folle progetto di forgiare un popolo, una nazione forte, pura nella suo essere razza superiore, dominatrice. Era per i nazisti assolutamente essenziale espellere, cancellare i disabili dal tessuto genetico nazionale”.