Nel 2014 gli italiani hanno speso circa 9.400 milioni di euro in prodotti di bellezza, dallo shampoo al dentifricio, dal makeup ai profumi. C’è una lieve contrazione dei consumi, che scendono in valore dell’1,4% rispetto al 2013 ma a questa leggera flessione non corrisponde un calo in numero dei prodotti venduti.

Ciò significa che c’è stata una maggiore attenzione al portafogli ma che il bisogno di farsi belli resta impellente e, complessivamente, i fatturati globali delle imprese cosmetiche della penisola salgono costantemente negli ultimi 10 anni rispetto alle altre realtá manifatturiere italiane. Lo attestano 2 corpose analisi, rapporto statistico annuale e ricerca sui comportamenti delle imprese, dei consumatori e dei fenomeni di filiera, condotte dall’Associazione nazionale delle imprese cosmetiche, Cosmetica Italia, e da Ermeneia, societá di studi e strategie di sistema. I report, accorpati per la prima volta insieme, sono stati presentati oggi al Teatro della Terra dell’Expo di Milano in occasione dell’assemblea dell’Associazione. Dal report risulta inoltre che, analizzando l’intera filiera cosmetica che va dagli ingredienti, ai macchinari, agli imballi e al prodotto finito, il fatturato complessivo è prossimo ai 14 milioni di euro. “Il consumo di prodotti cosmetici interno è parte integrante della societá ed è perciò irrinunciabile e il fatturato complessivo del settore nel 2014 ha superato i 9.300 milioni di euro registrando un incremento dello 0,8% rispetto all’anno precedente” ­ ha spiegato Fabio Rossello, Presidente Cosmetica Italia ­”A dare ossigeno al comparto hanno contribuito ancora una volta le esportazioni dei cosmetici made in Italy che sono aumentate del 4,9% nell’ultimo anno, per un valore pari a 3.334 milioni di euro nel 2014″. “La cosmetica italiana incrementa la propria forza competitiva sui mercati nonostante la crisi” ­ ha detto Nadio Delai, presidente Ermeneia ­”I consumatori dimostrano di avere modificato i propri comportamenti e di avere già incorporato le difficoltá degli ultimi anni segnalando un atteggiamento di maggiore sobrietá negli acquisti, ma non di rinuncia”.

 

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