Una disfunzione genetica cambia la risposta del paziente alla chemioterapia. La scoperta, pubblicata sulla rivista Science, è stata condotta da un team di ricercatori dell’Istituto superiore di sanità (Iss) in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) coordinati dal Goustave Roussy Cancer Campus di Parigi.
I ricercatori hanno identificato una mutazione genetica che, se presente, rende inefficace uno specifico trattamento chemioterapico, a base di antracicline o oxaliplatino, nei pazienti con carcinoma mammario e del colon. Identificare la mutazione è stato possibile grazie all’uso di dispositivi costruiti ad hoc nel laboratorio dell’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del Cnr. ”L’individuazione di un link genetico predittivo della risposta alle chemioterapie basate su determinati farmaci afferma Walter Ricciardi, Presidente dell’ISS può avere una grande importanza per lo sviluppo di nuove terapie in quanto pone le basi per strategie terapeutiche in grado di aggirare il ‘difetto’ in quei pazienti oncologici che lo presentano”. Si tratta di un gene che codifica per il recettore FPR1 espresso sulle cellule del sistema immunitario, deputato al riconoscimento del tumore stesso. ”I nostri studi spiega Fabrizio Mattei, capofila tra i ricercatori del Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare dell’ISS impegnati nell’indagine hanno evidenziato come in mancanza del recettore FPR1 sulle cellule immunitarie, le cellule immunitarie sono quasi inibite, o comunque meno abili a captare le cellule maligne e quindi meno attive nel migrare verso il tumore. Risultano, in altre parole, incapaci di instaurare interazioni stabili con la cellula tumorale, requisito fondamentale per l’attivazione di una risposta immunitaria efficace”. Gli studi hanno cioè confermato la necessità che il sistema immune abbia il recettore FPR1 funzionale, affinché la chemioterapia sia efficace.