NAPOLI  – E’ ormai dimostrato che la Fibrillazione Atriale è causa del 15% di tutti gli ictus cardioembolici. Ciò significa che in Italia dei 200.000 casi di ictus stimati all’anno, 30.000 sono determinati da questa frequente anomalia del ritmo cardiaco, la cui prevalenza è stimata intorno al 2% della popolazione generale (ma ben il 10% degli ultra ottantenni). “In Campania i soggetti affetti da fibrillazione atriale sono oltre 50.000 – afferma il Prof. Bruno Trimarco, Direttore Cattedra e Unità di Cardiologia dell’Università degli Studi Federico II di Napoli – visto che rappresentano 1,7% della popolazione generale. Il dato è destinato ad aumentare a causa del progressivo allungamento della vita media in quanto la probabilità di sviluppare questa aritmia cresce con l’avanzare dell’età. Inoltre, secondo stime recenti, solo il 35% dei pazienti affetti da Fibrillazione Atriale è in terapia anticoagulante con gli antagonisti della vitamina k – prosegue il Prof. Trimarco – Percentuale che in Campania scende ulteriormente al 28%”. In Italia si registra un sottotrattamento dei pazienti affetti da Fibrillazione Atriale, dovuto principalmente ai limiti della profilassi farmacologica finora utilizzata (antagonisti della vitamina K), che presenta alcune difficoltà di gestione come la necessità di frequenti controlli ematologici per l’aggiustamento del dosaggio, data l’alta variabilità di risposta inter-individuale. Senza dimenticare, poi, un’altra criticità che riguarda l’interazione con altri farmaci o con alcuni alimenti, che ne variano l’assorbimento. Per tutti questi motivi, tali farmaci non vengono usati con regolarità o vengono troppo spesso abbandonati dai pazienti. Di recente, però, anche l’Italia può contare su una nuova classi di farmaci, i nuovi anticoagulanti orali, più maneggevoli e sicuri, in grado di venire incontro alle esigenze di medici e pazienti. “Grazie all’arrivo dei nuovi anticoagulanti orali, che agiscono con un meccanismo d’azione completamente diverso dalla terapia tradizionale, possiamo auspicare una maggiore compliance – sostiene il Prof. Pasquale Perrone Filardi, Direttore Scuola di Specializzazione Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Università degli Studi Federico II di Napoli – Per i cardiologi e per i pazienti si tratta di una grande innovazione, ma non va dimenticata l’importanza di un rafforzamento del rapporto medico-paziente sulla base di un nuovo modo di fare prevenzione del rischio trombo embolico. Ad oggi – conclude il Prof. Perrone Filardi – presso la Struttura Ospedaliera Federico II di Napoli sono circa 200 i pazienti in trattamento con i nuovi anticoagulanti orali”. Alla luce di queste riflessioni, la gestione del cardiopatico cronico richiede, pertanto, sia una rete assistenziale territoriale coordinata e organica (ambulatori, rete informatica e tecnologica, cartella informatizzata), sia la massima collaborazione tra specialisti e medici di medicina generale con l’intento di dar vita a efficaci modelli di gestione del paziente che contemplino una continuità delle cure. In questo senso, l’interdisciplinarità non solo dà valore aggiunto alla qualità dell’assistenza ma diventa necessaria laddove si abbia a che fare con una tipologia di paziente a rischio di complicanze come chi soffre di fibrillazione atriale. “La gestione del paziente con fibrillazione atriale a rischio ictus è una delle priorità della medicina generale anche perché capita spesso che sia il medico di famiglia a individuare per primo questa patologia. – dichiara il Dott. Gaetano Piccinocchi, segretario Nazionale SIMG – La co-gestione del paziente con lo specialista è, quindi, di fondamentale importanza e richiede una grande opera di condivisione. Con l’innovazione apportata dai nuovi anticoagulanti orali, è più probabile che il follow-up quotidiano del paziente fibrillato sia in carico al medico di medicina generale – conclude Piccinocchi – ancor più in quelle aree distanti dai centri regionali specializzati, nelle quali il medico di medicina generale resta un punto di riferimento per il paziente e per i suoi familiari”. La situazione nella Regione Campania è, infatti, ulteriormente complicata dalla distribuzione disomogenea sul territorio dei Centri Antitrombosi (Centri TAO) dove vengono effettuati i controlli ematici, per lo più afferenti al capoluogo di Provincia. Situazione che costringe molti pazienti ad affrontare, in alcuni casi, lunghi spostamenti per recarsi al centro TAO più vicino. L’arrivo dei nuovi anticoagulanti orali e le caratteristiche della terapia in monosomministrazione, senza necessità di controlli ematici frequenti, risolvono in parte questa problematica ma restano comunque specifiche esigenze della cardiologia territoriale. “I pazienti affetti da fibrillazione atriale cronica non valvolare, quindi eleggibili al trattamento anticoagulante orale con i nuovi farmaci, si interfacciano a livello specialistico prevalentemente con i cardiologi ambulatoriali – sostiene il dott. Giovanni Zito, Presidente Nazionale ARCA – Una scelta di difficile comprensione è stata quella della Regione Campania di escludere dalla possibilità di prescrizione proprio i cardiologi ambulatoriali, causando danni economici e disagi ai pazienti che sono stati costretti a pagare più volte il ticket e a girovagare per ambulatori. Per fortuna – continua il Dott. Zito – dopo le nostre proteste questa anomalia è rientrata e quindi i pazienti eleggibili a questa terapia ora ne potranno tranquillamente usufruire.” Lo scenario nella prevenzione del rischio ictus in pazienti con fibrillazione atriale sta dunque cambiando, grazie all’introduzione nel mercato dei Nuovi Anticoagulanti Orali (NAO). Un’alternativa efficace e sicura per la prevenzione dell’ictus arriva, infatti, dai Nuovi Anticoagulanti Orali, come rivaroxaban, un inibitore diretto specifico e reversibile del fattore Xa, che non richiede il monitoraggio della coagulazione ed è l’unico NAO in monosomministrazione giornaliera, una garanzia di compliance e aderenza alla terapia.

 

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