Una comunicazione dell’Asl Napoli 1 con la quale si sosteneva che “il rapporto di lavoro e’ prorogato fino al 31 dicembre” ha gettato nella preoccupazione una quarantina di medici che operano nelle carceri napoletane che ricadono nel territorio della Asl Napoli 1 la piu’ importante del Mezzogiorno e che vedono “a rischio il posto di lavoro”.
I 40 professionisti si sono rivolti ad un legale, l’avvocato Patrizia Kivel Mazuy che ha spedito nei giorni scorsi due diffide all’Asl Napoli 1, l’ultima tre settimane fa, con la quale rivolgendosi all’Azienda sanitaria scrive di “tenere presente che la data del 31 dicembre e’ significativa solo per la regolamentazione del rapporto economico ma non per la durata”. L’avvocato Kivel Mazuy sostiene ancora che “e’ consacrata la stabilita’ del rapporto, che in molti casi dura anche da circa 20 anni”. I medici in rivolta operano nelle carceri di Poggioreale e Secondigliano ma anche presso il carcere minorile di Nisida. Spiegano in un documento che “le loro prestazioni sono regolate dalla legge 740 del ’70, una legge che consentiva attribuzione di incarichi e convenzioni con medici per prestazioni sanitarie in carcere”. Ricordano i professionisti che “l’assistenza sanitaria nelle carceri e’ passata alle Asl dal 23008 allo scopo di evitare disparita’ di trattamento tra il malato ristretto e il libero cittadino, quindi per una unicita’ del rapporto sanitario”. I medici delle carceri guadagnano mediamente intorno ai 1.500 euro mensili e devono garantire 120 ore di lavoro ma lamentano “il mancato pagamento delle ore di straordinario”. Qualcuno adombra il sospetto che dopo il 31 dicembre potrebbero essere sostituiti dalle “guardie mediche tradizionali, chiamate eventualmente a ricoprire un ruolo per il quale non hanno alcun tipo di esperienza”.