In questi primi giorni del 2014 stiamo assistendo a un film già visto. Nelle lotte ambientali del biennio 2008-2010 i cittadini attivi nella difesa del territorio contro l’apertura di discariche, puntualmente chiuse dalla magistratura, sono stati etichettati come “criminali” o messi sotto accusa dai magistrati. Oggi la storia sembra ripetersi in una modalità più complessa e, per certi versi, più “raffinata”. Dopo la grande manifestazione del 16 novembre con 100mila persone in piazza, in una democrazia reale, ci sarebbero dovute essere risposte alle proposte dei comitati. Invece lo scenario che abbiamo di fronte è inquietante. Da giorni si ripetono attacchi, spesso offensivi e ingiuriosi, contro attivisti e giornalisti.
Da un sito web è andata in scena l’attacco contro Egidio Giordano, uno dei portavoce del movimento Stop Biocidio. L’operazione è quella solita: provare a dividere il movimento in buoni e cattivi. Questo attacco avviene in una settimana in cui si ripetono accuse contro gli operatori dell’informazione. Ultimo in ordine di tempo è stato il governatore Stefano Caldoro che, oltre a puntare il dito contro Sandro Ruotolo, in onda il 29 dicembre su La7, si scaglia contro i giornalisti in nome della “responsabilità”. Alcuni giorni prima sulle pagine de Il Mattino giornalisti e attivisti venivano additati come “capipopolo” e “strumentali” coniando una singolare incompatibilità tra la piazza e la democrazia. A chi giova creare questo clima? E perché?
Tutto ciò avviene mentre i nodi restano irrisolti. Nella recente inchiesta di Amalia De Simone su corriere.it emerge l’infiltrazione della camorra nell’ affare bonifiche nella nostra Regione. Questo è solo uno dei tasselli mancanti del decreto sulla Terra dei fuochi, giudicato inutile dai comitati che hanno avanzato dieci proposte con la mobilitazione del 16 novembre. Siamo ancora nell’ ambito delle ipotesi di soluzioni sulla mappatura dei terreni contaminati, sul sostegno degli agricoltori che sono stati in piazza con noi, sull’accessibilità alle cure e alla prevenzione sanitarie. Nulla invece sull’annullamento della costruzione di un nuovo inceneritore a Giugliano. Insomma, si sta temporeggiando su tutto senza mettere in atto azioni concrete. Di fronte a questo disastro ambientale rivendichiamo anche il diritto a conoscere le responsabilità politiche, istituzionali e storiche. È stato accertato che nel 1997 un dossier conteneva le informazioni necessarie per fermare lo scempio: chi sapeva? Chi non ha fatto nulla per evitare sversamenti di rifiuti tossici e industriali? Di fronte alla mancanza di risposte non ci fermeremo. Rivendichiamo il diritto al dissenso per difendere un territorio e risanarlo per le future generazioni. Rivendichiamo e difendiamo un’informazione libera, indipendente e competente, necessaria a garantire la verità su quello che succede in Campania. Come attivisti e giornalisti non arretreremo di un passo e continueremo sui rispettivi fronti a difendere, denunciare e lottare per nostra terra.
Coordinamento giornalisti precari della Campania
Coordinamento Comitati Fuochi
Rete Commons
Cittadini per un piano alternativo dei rifiuti
Collettivo #fiumeinpiena