Crescono le reinfezioni del Covid. Nell’ultima settimana «la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati risulta pari al 5%», ulteriormente «in aumento rispetto alla settimana precedente» quando «il valore era 4,5%», è quanto segnalato nell’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità (Iss). Mentre «dal 24 agosto 2021 al 4 maggio 2022 sono stati segnalati 397.084 casi di reinfezione» con virus Sars-CoV-2, «pari al 3,3% del totale dei casi notificati». Perché crescono le reinfezioni? Gli esperti attribuiscono l’ultima tendenza alle caratteristiche di super contagiosità e immunoevasione della variante Omicron e della sua famiglia, che si arricchisce di nuove sottovarianti come Omicron 4 (già segnalata in qualche regione del nostro Paese, come riferito ieri da Anna Teresa Palamara, direttore Malattie infettive Iss) e Omicron 5. «L’analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021, data considerata di riferimento per l’inizio della diffusione della variante Omicron – si legge nel rapporto – evidenzia un aumento del rischio relativo aggiustato di reinfezione (valori significativamente maggiori di 1) nei soggetti con prima diagnosi di Covid-19 notificata da oltre 210 giorni, rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi di fra i 90 e i 210 giorni precedenti; nei soggetti non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni, rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni; nelle femmine rispetto ai maschi». Il maggior rischio nei soggetti di sesso femminile può essere verosimilmente dovuto», secondo l’analisi Iss, «alla maggior presenza di donne in ambito scolastico (oltre l’80%), dove viene effettuata una intensa attività di screening, e al fatto che le donne svolgono più spesso la funzione di caregiver in ambito familiare». Ancora, il rischio di reinfezione è maggiore «nelle fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni), rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. Verosimilmente», ciò è «attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d’età superiore a 60 anni». Infine, la probabilità di reinfezione è maggiore «negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione». Chi è più a rischio sono i no vax. Il tasso di mortalità per Covid-19 in Italia per i non vaccinati (36 decessi per 100.000 abitanti) risulta circa otto volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster (5 decessi per 100.000 abitanti). Questo quanto emerge dal rapporto esteso dell’Istituto superiore di sanità per la popolazione sopra i 5 anni nel periodo 11 marzo-10 aprile. Il tasso di ricoveri in terapia intensiva (periodo 18 marzo-17 aprile) di circa cinque volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster e circa quattro volte più alto per le ospedalizzazioni.