«Tutto esaurito, almeno fino a gennaio». Sarà difficile fare i tamponi per partecipare a una cena la notte di San Silvestro, perché sembra già che l’Italia si sia messa tutta in fila. Da Roma a Milano, molte farmacie hanno chiuso le prenotazioni, mentre ai drive in le code sono interminabili. E in questo momento, in cui c’è un’impennata di contagi, e quindi di contatti con positivi, i tamponi eseguiti a domicilio dal personale Usi sono praticamente irrealizzabili. Tutto intasato. Sono tre le circostanze possibili per cui è partita la corsa al tampone: il contatto con un soggetto positivo, che per i vaccinati comporta una quarantena di sette giorni, la manifestazione di sintomi influenzali, che fanno temere di avere contratto il Covid, e la prevenzione, in vista di appuntamenti per feste o un incontro con persone fragili. Le opzioni sono tre: il tampone molecolare, l’antigenico o quello fai da te. Il Ministero della Salute consiglia di eseguire i tamponi solo quando sono raccomandati dai medici, per evitare, cosa che sta accadendo, di intasare farmacie, centri diagnostici e drive in. Dopo un caso di negatività, verificata in seguito all’esposizione accertata al virus, il test si dovrebbe ripetere, attendendo che trascorrano cinque giorni, come avviene per il tracciamento nelle scuole.

Il tampone molecolare è il più affidabile per la diagnosi. In assenza di sintomi, se si è stati a contatto con un positivo, il test si può fare ad almeno 48 ore dall’ultimo incontro. Anche se, nonostante la velocità di diffusione della variante Omicron e l’impennata di contagi, il ministero della Salute suggerisce di sottoporsi al tampone molecolare dopo un contatto stretto con una persona a cui è stata confermata l’infezione «al decimo giorno dall’ultimo contatto». Conviene sottoporsi all’esame molecolare anche in caso di sintomi riferibili a Covid-19. O per verificare la verifica sulla negativizzazione dal virus, dopo una diagnosi di positività. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, il tampone molecolare è il principale e più affidabile strumento diagnostico. Il test viene eseguito su un campione naso orofaringeo e consiste in un’indagine capace di rilevare il genoma (RNA) del virus attraverso il metodo RT-PCR, anche in soggetti con bassa carica, pre-sintomatici o asintomatici. L’esito, solitamente, si ottiene mediamente in tre/sei ore, ma in questo periodo i tempi sono molto più lunghi.

I test antigenici (rapidi) sono sensibili alle proteine virali. Ma il tampone antigenico può essere considerato come un punto debole del Green pass, perché presenta un 30 per cento di falsi negativi (ma anche di falsi positivi) e, di conseguenza, un falso senso di sicurezza. I test antigenici, tra l’altro, sono poco sensibili e non permettono di identificare le nuove possibili varianti, che necessitano del sequenziamento effettuato sul genoma virale dei tamponi molecolari risultati positivi. Si basano sulla verifica della presenza di proteine virali, appunto gli antigeni. La raccolta dei campioni avviene tramite un tampone naso-faringeo e i tempi di risposta sono molto brevi. Ne esistono diversi tipi: gli immunocromatografici lateral flow (prima generazione) i test a lettura immunofluorescente, test rispettivamente di seconda e terza generazione che rispondono alle caratteristiche di sensibilità e specificità. Nei centri Usi, in linea con la nuova classificazione della circolare ministeriale, già vengono utilizzati test sia in immunofluorescenza a lettura strumentale di seconda generazione, che test in microfluidica con lettura in fluorescenza di terza generazione, che hanno una sensibilità clinica del 93,70% e una specificità clinica del 99,63%. I test antigenici ad elevata sensibilità e specificità presentano un minore rischio di risultati falsi-negativi e/o falsi-positivi. Nonostante il basso margine di errore, nell’ambito del counseling post-test, il medico deve ribadire la necessità di mantenere comportamenti prudenti anche in caso di risultato negativo, mentre in caso di risultato positivo deve considerare la plausibilità del risultato e l’eventuale ricorso ad un test molecolare di conferma.

I cosiddetti test “fai da te”, che si trovano sia al supermercato che in farmacia, sono sconsigliati, perché si  rischia di avere risultati inesatti: un caso positivo su quattro sfuggirebbe alla diagnosi. E inoltre sono sconsigliati perché, essendo eseguiti tra le mura domestiche, non consentono il tracciamento. I test fai da te falliscono soprattutto perché non si è in grado di effettuare il prelievo in modo corretto. La stessa cosa vale per i test salivari, che non raggiungono i livelli minimi accettabili di sensibilità (capacità di individuare i positivi, cioè i malati) e specificità (capacità di individuare i negativi) e per questo sono esclusi dall’elenco europeo dei test per il rilascio del “Green pass”.

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