Un “rudere” con 6 unità abitative in via Linguiti ad Aversa trasformato a palazzina moderna con 19 appartamenti. Ruota attorno a un affare immobiliare da 6 milioni di euro l’inchiesta della Procura Napoli Nord culminata ieri con l’arresto di otto persone e con altre cinque indagate a piede libero. In manette con l’accusa di corruzione, falso e abuso d’ufficio sono finiti il dirigente dell’ufficio tecnico comunale di Aversa Raffaele Serpico, il geometra del Comune Geppino Minale, gli imprenditori Alfonso e Yari Cecere, padre e figlio. Con loro agli arresti altri 4 tecnici di parte. Per ottenere i favori in Municipio andavano oleati bene gli ingranaggi. Il modus operandi era il seguente: gli imprenditori del settore edile, con l’intermediazione di tecnici e professionisti, corrompevano i funzionari pubblici per ottenere i permessi di costruire in tempi rapidi e senza dover rispettare le normative vigenti. I funzionari pubblici, in cambio di denaro o altre utilità, falsificavano atti, sopprimevano documenti e superavano le problematiche inerenti all’istruttoria dei permessi di costruire. In alcuni casi, gli imprenditori costruivano complessi residenziali in assenza di una preventiva lottizzazione e in violazione delle norme urbanistiche. È stato documentato inoltre che un professionista, in qualità di tecnico di parte e in assenza di qualsiasi rapporto lavorativo, instaurato con il Comune di Aversa, al fine di ottenere in tempi rapidi i permessi di costruire, curava per conto del responsabile dell’Utc tutte le pratiche pendenti presso l’ufficio, così da eliminare il notevole arretrato esistente. Sulla presenza senza titolo del professionista nell’Utc interviene Roberto Romano che attacca l’allora sindaco Alfonso Golia. “Nella qualità di presidente del consiglio comunale avevo già raccomandato al sindaco, al segretario generale del Comune e ai dirigenti di tutte le aree (in basso la missiva di Romano, ndr) di vigilare per scongiurare la presenza di persone non abilitate che si recavano all’interno degli uffici in violazione della privacy e delle più elementari regole e leggi che tutelano la difesa dei documenti. Tanto è dovuto – conclude Romano – per amore di verità e per sottolineare che oggi chi dice di non aver mai sospettato che ci fosse qualche anomalia all’interno del comune mente sapendo di mentire. In particolare il sindaco non può giustificarsi dicendo “non mi pare, non sapevo, non avevo contezza”.
Mario De Michele
LA MISSIVA DI ROBERTO ROMANO