Dieci anni di storia della camorra tra Caserta e Marcianise, ricostruiti attraverso l’organigramma del clan Belforte, potente cosca guidata fino a oggi dalle mogli dei boss finiti in carcere. E’ tutto contenuto nell’inchiesta condotta congiuntamente da polizia, carabinieri e guardia di finanza, coordinata dalla Dda di Napoli, che questa mattina ha portato in carcere per associazione mafiosa 44 affiliati – di cui 30 già detenuti – alla cosca che negli anni ’80 era alleata della Nco di Raffaele Cutolo nella guerra contro la vecchia camorra napoletana. Nell’operazione sono stati sequestrati beni per 10 milioni di euro.

Due i dati più significativi: da un lato il clan Belforte, come una vera azienda, è sopravvissuto all’arresto dei fondatori e capi storici, ovvero i fratelli Salvatore e Domenico Belforte, Bruno Buttone, Vittorio Musone, grazie in particolare alle loro mogli, che negli ultimi anni hanno preso in mano le redini della cosca. In secondo luogo il clan taglieggiava a tappeto tutte le aziende presenti nei comuni di propria competenza: nel libro mastro rinvenuto nella pen drive sequestrata il 23 gennaio del 2007 all’allora cassiere Bruno Buttone, sono in totale 350 le imprese costrette a pagare il pizzo. E’ il ruolo delle donne però a testimoniare la capacità del clan di restare sempre vivo. Al vertice fino a questa mattina c’erano Maria Buttone e Concetta Zarrillo, mogli rispettivamente di Domenico e Salvatore Belforte, detenuti al 41bis, subito dietro nelle gerarchie Anna Concetta Della Valle e Albina Natale, mogli di Vittorio Musone e Bruno Buttone. Erano le prime due a tenere la cassa del clan cui confluivano le decine di migliaia di euro provenienti soprattutto dalle estorsioni. I soldi venivano poi smistati ai referenti degli altri comuni per pagare gli stipendi agli affiliati in carcere, per le spese legali o per acquistare droga o armi. Nel libro-mastro sequestrato a Buttone sono state rinvenute voci di pagamenti anche ad esponenti di clan napoletani alleati negli anni ’80 nella guerra contro Cutolo: 1500 euro sono andati a Mario De Sena, boss di Acerra, altri 1000 al clan Ranucci di Sant’Antimo, a testimonianza dell’ampiezza delle alleanze dei Belforte. Con i Casalesi era stato raggiunto un patto di non belligeranza e di divisione al 50% dei proventi delle attività illecite; inoltre le donne al timone del clan, dopo gli arresti dei vari estorsori, erano riuscite a convincere gli affiliati del clan Menditto attivo nel vicino comune di Recale, fino a dieci anni fa nemico dei Belforte, a raccogliere le tangenti per loro conto. Sempre una donna era incaricata di pagare di stipendi agli affiliati-detenuti del capoluogo: si tratta, secondo gli investigatori, di Concetta Buonocore, moglie del capo-zona di Caserta Antonio Della Ventura, anch’egli detenuto al 41bis. La Buonocore è stata però arrestata nell’ottobre del 2011 per estorsione aggravata dal metodo mafioso; a consegnarle i soldi l’altra esponente di spicco Albina Natale. Emblematica infine la figura della settantasettenne Anna Bucolico: da lei si recavano molti imprenditori per il pagamento delle tangenti. La donna è una fedelissima del boss Domenico Belforte, di cui conserva una grande foto in sala da pranzo, nonostante il capo-clan le abbia fatto uccidere il figlio Michele nell’agosto del 2000.

 

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