CASERTA – Il procedimento a carico di Rosaria Capacchione, neo senatrice del Pd, sfociato nella richiesta del pm a due anni e mezzo di reclusione, per calunnia ai danni del finanziere Luigi Papale, si intreccia con l’inchiesta molto più ampia che, all’epoca dei fatti, riguardò il fratello della giornalista, Salvatore Capacchione, costruttore, accusato e arrestato per bancarotta fraudolenta.
La senatrice finì sotto processo perché avrebbe costruito false accuse contro Papale, riferendo all’allora comandante delle Fiamme Gialle di Terra di Lavoro che il luogotenente aveva intascato dei soldi dalla famiglia Coppola, in competizione con il fratello Salvatore per l’acquisto di terreni e capannoni nell’area ex Saint Gobain di Caserta.
Ma dopo le indagini e i riscontri patrimoniali su Papale e i suoi parenti (anche sulla zia che a dire della giornalista avrebbe dovuto custodire il denaro “sporco”) la condotta del finanziere risultò impeccabile. Nessuna traccia di soldi, nessun rapporto con i Coppola. Insomma Papale risultò un investigatore integerrimo. A quel punto scattò l’inchiesta nei confronti di Rosaria Capacchione per il reato di calunnia.
La requisitoria del pm si sarebbe dovuta tenere già nei giorni successivi all’ufficializzazione della candidatura della giornalista come capolista al Senato in Campania nelle fila del Pd. Ma il suo avvocato, Vittorio Giaquinto, presentò istanza di rinvio per improcrastinabili impegni, richiesta che fu accolta dal giudice. E ieri c’è stata la requisitoria del pubblico ministero con la richiesta di condanna a due e mezzo di reclusione. Nella prossima udienza, fissata per il 24 aprile, ci sarà l’arringa difensiva. Poi arriverà la sentenza dei giudici.
Un’eventuale condanna minerebbe fortemente l’immagine della giornalista anti-camorra, che tuttora è sotto scorta. E sarebbe una pesante tegola per il Pd, che ha fatto della legalità e delle “liste pulite” un cavallo di battaglia della campagna elettorale per le elezioni politiche. Non a caso Nicola Caputo, vincitore delle parlamentarie in provincia di Caserta, fu escluso dalla lista alla Camera in seguito a un avviso di garanzia per presunte irregolarità sui rimborsi ai consiglieri regionali.
Caputo fu fatto fuori già solo per il fatto di essere indagato, mentre la Capacchione, che era sotto processo, fu confermata al primo posto della lista al Senato. Due pesi e due misure che ora potrebbero costare caro al partito di Bersani. Cosa farà il Pd in caso di condanna in primo grado della giornalista? Chiederà le dimissioni della neo senatrice? E’ proprio il caso di dire: ai vertici dei Democratici l’ardua sentenza.
Mario De Michele