Alle 10,30 nella Chiesa di S. Antonio di Padova il Vescovo di Caserta Mons. Giovanni D’Alise, alla presenza del Prefetto Pagano e del Questore Gualtieri e delle massime Autorità provinciali, celebrerà la Messa in onore di San Michele Arcangelo – Patrono della Polizia.
Saranno presenti anche i Gonfaloni di Provincia e Comune nonché il Labaro dell’Associazione della Polizia di Stato e i Vessilli delle altre Associazioni delle Forze dell’Ordine.
Nel corso della Celebrazione, presenti i familiari e alti funzionari del Ministero dell’Interno, ad 11 anni dalla sua scomparsa, sarà ricordato il Prefetto Fernando Masone, già Capo della Polizia dal 27 agosto 1994 al 31 maggio 2000, cui la Sezione di Caserta dell’Associazione Polizia di Stato intitolerà la nuova sede con un’apposita Cerimonia che si svolgerà a seguire alle ore 12 in Via Ceccano 24.
Con detta intitolazione l’ANPS intende ricordare questo poliziotto dal volto umano, un simbolo della Polizia italiana e un esempio per tutti i poliziotti. Ad illustrare la figura del Prefetto Masone saranno il Segretario Generale dell’ANPS Michele Paternoster, il Dirigente Generale della Polizia di Stato a.r. Natale Argirò e il Questore di Caserta Giuseppe Gualtieri.
Proprio a Caserta Masone inizia la sua esperienza da Questore: è il 1988 e vi rimarrà meno di un anno (perché chiamato a dirigere la Questura di Palermo) ma lavora con tenacia, equilibrio e precisione dando vita ad una lotta senza quartiere contro la Camorra mentre la provincia era sconvolta da una feroce guerra tra la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo (che aveva stretto alleanze con altre realtà delinquenziali extra-regionali: Sacra Corona Unita, ‘Ndrangheta, e persino con le bande lombarde di Renato Vallanzasca e Francis Turatello) e la cosiddetta Nuova Famiglia, formatasi da una precedente alleanza denominata “Onorata Fratellanza”, una confederazione di clan creata ad hoc per eliminare i cutoliani.
La lotta anticamorra sarà, poi, continuata da Masone come Capo della Polizia, bisogna sottolineare il primo Capo della Polizia a recarsi ripetutamente nell’area dell’emergenza delinquenziale dell’agro aversano, per adottare misure ulteriori a quelle tradizionali. Chiese ed ottenne il trasferimento di cento poliziotti e altrettanti carabinieri a Caserta e provincia. Niente esercito, dunque, come a Napoli, ma, secondo la sua grande intuizione, solo investigatori preparati in grado di contrastare la grande criminalità organizzata campana che in quegli anni aveva rotto le regole della convivenza civile con una serie impressionante di omicidi a catena. Così, per affrontare l’emergenza scoppiata in provincia di Caserta Masone aveva operato una scelta che puntava tutto sulla mobilitazione di personale specializzato delle Forze di polizia: per ottenere (come egli stesso affermò) “un più efficace controllo del territorio ed un rafforzamento delle strutture operative in Terra di Lavoro oltre che un’intensificazione dell’attività investigativa nei confronti dei clan più aggressivi”. Un lavoro, questo, che per Masone potevano svolgere soltanto i poliziotti e i carabinieri. Ma, convinto che oltre alla quantità di uomini e mezzi messi in campo contro la camorra, andava anche curato l’aspetto della razionalizzazione degli interventi, egli venne a presiedere personalmente a Caserta i vertici interforze, “per delineare (disse) gli ulteriori indirizzi operativi in relazione all’impiego delle risorse ed alle dinamiche degli interventi”. In altre parole, per evitare inutili sovrapposizioni e incomprensioni reciproche tra agenti e carabinieri.
Masone tracciò un solco seguito poi da tutti i suoi successori, quel solco che condurrà negli anni seguenti alla decapitazione dei clan camorristici in Terra di Lavoro.
Cessato dal suo incarico al vertice della Polizia ove fu sostituito da Giovanni De Gennaro, suo stretto collaboratore, fu nominato Segretario Generale del CESIS, Comitato Esecutivo per i Servizi di Informazione e Sicurezza, che, all’epoca, esercitava funzioni di coordinamento tra SISDE e SISMI (oggi AISI e AISE) gli altri due organi dei servizi segreti italiani.
Rimase sempre in trincea anche quando sapeva d’essere condannato da una malattia incurabile e morì a 67 anni, il 2 luglio 2003.
I funerali si svolsero nella basilica di Santa Maria degli Angeli alla presenza del presidente Ciampi, di tutte le più alte cariche dello Stato e di migliaia di poliziotti.
I Giornali dell’epoca scrissero di Lui: “Si è spento Fernando Masone, quel poliziotto che indagò sui delitti d’Italia riaffermando la distanza tra Giustizia e infamia”.