CASERTA – ”Nel periodo dell’emergenza rifiuti non si facevano gare d’appalto nel Consorzio di bacino Acsa Caserta 3, i servizi di raccolta e di bonifica venivano affidati direttamente, e le cariche all’interno dell’ente venivano date in seguito ad accordi politici stretti da Nicola Cosentino, che decideva ogni cosa nel consorzio; anche i clan inserivano i propri uomini. Le competenze non contavano, anzi nessuno, tranne rare eccezioni, aveva cognizioni tecniche nel settore, bastavano gli appoggi politici o camorristici”.

La testimonianza è di Pietro Amodio, 40 anni collaboratore di giustizia, un ex imprenditore che dopo un inizio nel settore della vendita di auto provenienti dall’estero, ha incominciato tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del Duemila, senza alcuna competenza, ma solo in virtù della sua militanza politica, essendo segretario a Caserta del Pri, partito alleato di Forza Italia, ad occuparsi del settore dei rifiuti nel Ce3, consorzio comprendente il capoluogo Caserta e un’altra ventina di comuni. Amodio ha risposto oggi alle domande del pm della Dda di Napoli Alessandro Milita nel corso dell’udienza del processo ‘Eco 4′ a carico dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino in corso a Santa Maria Capua Vetere. “Il presidente del Consorzio – ha detto Amodio – era Francesco Cundari, messo lì da Cosentino; io facevo riferimento al vice-presidente Carmine Bevilacqua, allora segretario regionale del Pri, anch’egli nominato dopo un accordo tra Cosentino e Nucara (segretario nazionale Pri, ndr). Prima che si costituisse Iniziativa Ecologica (società mista del Consorzio dell’Acsa attiva nel settore bonifiche), era il 2003, Cundari voleva assegnarmi il 2% delle quote ma io ne volevo di più, così parlai con Nicola Alfiero, allora reggente con Luigi Guida del clan Bidognetti, che mi disse che avrebbe contattato Cosentino, che era a disposizione del clan. Poche settimane dopo, grazie anche all’interessamento del comandante dei vigili urbani di Casagiove Nicola Altiero, Cosentino venne al mio ufficio e davanti a me chiamò la segreteria del Consorzio; pochi giorni dopo mi recai con l’allora direttore generale Antonio Scialdone da un notaio e nell’assegnazione delle quote io ebbi il 6%”. Il riferimento al boss Nicola Alfiero ha fatto infuriare l’avvocato di Cosentino, Stefano Montone. “E’ la prima volta che lei parla di Alfiero, nei numerosi interrogatori avuti non ne aveva mai fatto cenno” ha replicato il legale.

 

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