Stando ad un recente studio “Made in Italy” è il terzo marchio al mondo per notorietà dopo “Coca Cola” e “Visa”, di cui possono fregiarsi soltanto i prodotti completamente progettati, fabbricati e confezionati nel “Bel Paese”. E’ stata ribattezzata “True Made” l’operazione dei Finanzieri del Comando Provinciale di Roma, in cui sono culminate le articolate indagini, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Civitavecchia, che hanno preso le mosse da controlli di routine, presso l’area merci dello scalo aeroportuale di Fiumicino. I militari si sono insospettiti davanti ad alcune spedizioni di capi di abbigliamento e relativi accessori, provenienti dalla Cina e dirette ad una rinomata casa partenopea, che, oltre ad essere corredati da un cartellino descrittivo che specificava, in lingua italiana, che il processo di fabbricazione era fedele alla “Antica sartoria napoletana”, recavano una piccola etichetta con la dicitura “Made in China” facilmente asportabile. La presenza dei prezzi di vendita, sia al dettaglio che “outlet”, ha fatto il resto inducendo le Fiamme Gialle del Gruppo di Fiumicino a ritenere di trovarsi davanti un colossale traffico di prodotti taroccati, con la variante – questa volta – costituita dalla mistificazione della loro origine, provenienza e qualità. Il sequestro non è scattato subito consentendo ai militari di seguire le partite di merce fino alla centrale di stoccaggio ed ai luoghi di smercio, tutti riconducibili ad una nota maison di alta moda per uomo, che, in questo modo, commercializzava maglioni, pullover, camicie, smanicati, cravatte, guanti, foulard, cinture in realtà prodotti nella Repubblica Popolare Cinese. Il quadro investigativo si è poi consolidato grazie alle perquisizioni locali eseguite, con la collaborazione dei Comandi Provinciali competenti per territorio, nei punti vendita di Napoli, Ischia (NA), Roma, San Cesareo (RM) e Bologna, nonché presso i famosi outlet di Valmontone (RM) e Marcianise (CE), nel centro di distribuzione di Nola (NA) e nella sede legale ed amministrativa della società riconducibile ad un insospettabile napoletano, che dovrà rispondere dell’introduzione e della vendita di prodotti industriali con segni mendaci. Ammontano, invece, ad oltre 522.000 i pezzi sequestrati, tra capi di abbigliamento ed etichette “Made in China”.

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