Esisteva “un vero e proprio patto a monte”, stretto sul finire degli anni ’90, tra la Cpl Concordia e il clan dei Casalesi per l’affare della metanizzazione dei comuni dell’Agro Aversano. E’ quanto emerge dall’ordinanza del gip di Napoli Federica Colucci che ha portato ieri all’emissione di otto misure cautelari, di cui sei arresti, eseguite dai Carabinieri del Noe su richiesta della Dda di Napoli. Tra i destinatari di un’ordinanza in carcere anche l’ ex presidente della Cpl, Roberto Casari, gia’ ai domiciliari. Dell’accordo tra l’azienda modenese e il clan parlano sei collaboratori di giustizia, tra cui l’ex boss dei Casalesi Antonio Iovine, e altre tre persone indagate nello stesso procedimento. Il patto si cementa nel 1999, pochi mesi dopo la cattura del boss Francesco Schiavone, detto Sandokan. A fare da tramite tra il boss Michele Zagaria e i vertici Cpl è l’imprenditore casertano Antonio Piccolo. “Piccolo – rivela Iovine nelle dichiarazioni rese lo scorso 20 aprile agli inquirenti – ci disse che la Concordia era disponibile a dare a noi i lavori per realizzare questa opera. Ci fu spiegata anche la procedura che la Concordia voleva si seguisse lasciando che fossero i sindaci a fare i nomi delle imprese e non noi direttamente a segnalare gli imprenditori. Fu facile trovare un accordo nell’interesse di tutti”. Un altro collaboratore Nicola Panaro, vicino agli Schiavone, svela uno dei dettagli dell’intesa: “L’unica cosa che questa ditta voleva riservarsi era il comune di San Cipriano d’Aversa. Cioe’, noi potevamo dare i nomi delle nostre imprese per tutti gli altri comuni, salvo San Cipriano, che era un comune dove questa impresa doveva accontentare un politico di sinistra di San Cipriano, Lorenzo Diana. Era l’unico lavoro che si riservava”. L’esistenza del patto viene confermata anche da due fonti interne all’azienda di Modena: il responsabile dei cantieri della Cpl sul bacino Campania 30, Giulio Lancia, e l’addetto ai cantieri Pasquale Matano. I termini dell’accordo consistevano nell’affidamento dei lavori a imprese indicate dai referenti locali della criminalità casalese; e nel comprendere la tangente destinata alla camorra quantificata in diecimila lire (poi nel tempo diventati 10 euro, ndr) per ogni metro di rete costruita.