Il processo “bis” a carico di otto ex dirigenti della Firema, azienda casertana che produce carrozze ferroviarie, dal luglio 2015 denominata “Tfa” e di proprietà indiana, imputati per omicidio colposo e lesioni colpose in relazione alle morti e alle malattie di dipendenti causate dall’esposizione all’amianto, è iniziato al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Ad essere imputati sono gli ex amministratori delegati dell’azienda, Mario e Giovanni Fiore, l’ex direttore generale Mario Pasquali e gli ex alti dirigenti Enzo Ianuario, Maurizio Russo, Giovanni Iardino, Giuseppe Ricci e Carlo Regazzoni Tutti erano usciti indenni, per prescrizione o assoluzione, dal primo processo, in cui la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere aveva contestato il reato più lieve di rimozione e omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro. Poi il pm Giacomo Urbano ha aperto una seconda indagine, contestando però l’omicidio colposo; una strategia che ricorda quella seguita dalla Procura della Repubblica di Torino in relazione alla vicenda dell’Eternit, dove il proprietario dell’azienda, l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, era stato salvato in Cassazione dalla prescrizione dopo essere stato condannato in primo e secondo grado a 16 e 18 anni per disastro colposo in relazione a decine di decessi per amianto; l’ufficio inquirente aveva cosi’ deciso di aprire un nuovo fascicolo a carico di Schmidheiny per omicidio doloso (poi derubricato in delitto colposo), sfruttando anche la sentenza della Corte Costituzionale del luglio 2016, che aveva dichiarato l’imprenditore processabile nuovamente nonostante la condotta fosse la stessa, e cio’ senza che venisse violato il principio giuridico del “ne bis in idem”. Nella vicenda Firema, la Procura di Santa Maria Capua Vetere, riferisce l’Ansa, contesta agli imputati la morte di 19 operai per patologie legate all’amianto, e le lesioni in relazione alla malattia contratta da altri 82 lavoratori Firema. Il processo è stato aggiornato a marzo.

 

 

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