Un’organizzazione transnazionale in grado di importare quintali di cocaina e hashish dal Sudamerica e dal Nordafrica. Un sodalizio formato da criminali italiani e albanesi che utilizzava, tra gli altri, il porto di Salerno come punto d’arrivo di ingenti partite di droga. Ed è proprio nello scalo campano che i militari del Gico della Guardia di Finanza, a partire dal giugno dello scorso anno, hanno eseguito sequestri per un totale di circa 17 tonnellate tra hashish e amfetamine, altra droga, quest’ultima, su cui l’organizzazione criminale puntava per incrementare i suoi guadagni. Sequestri che, come spiegato dagli stessi investigatori della fiamme gialle, sono stati un tassello fondamentale per ricostruire la gerarchia del sodalizio di narcos. Una struttura piramidale al cui vertice ci sarebbero due trafficanti albanesi di cui si conoscono solo i soprannomi evocativi ossia Zeus e Ronaldo. Alle loro dirette dipendenze una ristretta cerchia di collaboratori composta da Andrea Garofalo, Manolo Maltagliati, Luciano Fustaino, tutti già detenuti, e dagli irreperibili Mattia Ghezzani e Adem Dervishi, quest’ultimo tramite diretto con i capi del sodalizio. A loro spettava il compito di provvedere alla gestione dell’organizzazione criminale, in particolare, occupandosi di trasmettere gli ordini dei capi, trasferire il denaro necessario per pagare i responsabili della narco logistica e garantire la sicurezza delle comunicazioni tra gli affiliati, acquistando telefoni criptati per evitare eventuali intercettazioni da parte delle forze dell’ordine.
Zona operativa di quello che si può definire il consiglio d’amministrazione della società a delinquere era la Toscana e, in particolare, la provincia di Pistoia dove risiedono buona parte degli indagati. Sotto ai manager del narcotraffico c’era, quindi, il livello operativo rappresentato dal sottogruppo guidato dal catanese Alberto Eros Amato, arrestato nell’ambito delle indagini che portarono al sequestro nel porto di Salerno di qualche mese fa. Insieme ai suoi soci, Arnaldo La Scala, Daniele Cestagalli, anche lui sfuggito al blitz, e Eriberto Naldini, unico campano tra gli indagati, si sarebbe occupato prettamente della logistica del narcotraffico. A questo gruppo, infatti, spettava il compito non solo di prendere in carico la droga dai narcos ma anche di organizzare il suo trasferimento in Italia, servendosi di aerei e navi. Un compito che, come emerso dalle indagini, sarebbe stato reso più agevole grazie alla complicità di alcuni funzionari doganali e spedizionieri. Un esempio, delle capacità dell’organizzazione italo albanese e, soprattutto, delle sue risorse economiche, è il tentato trasferimento, nel nostro paese, di seicento chili di cocaina che il sodalizio avrebbe dovuto acquistare da alcuni narcos sudamericani. Il piano, però, non andò in porto a causa dell’arresto di Amato, anello fondamentale nella catena logistica che avrebbe dovuto assicurare il buon esito della spedizione. Dalle indagini, infatti, è emerso che un emissario del gruppo, legato proprio ad Amato, fu mandato nella città di Asuncion per prendere contatto con un trafficante noto come Tony al quale consegnare una prima tranche del pagamento. Tuttavia, nonostante gli iniziali buoni auspici, una serie di problemi logistici hanno impedito che la droga arrivasse in Italia nei tempi previsti. Con la cattura di Amato a Salerno, quindi, il sodalizio si trovò esposto per centinaia di migliaia di euro, il denaro versato ai sudamericani per un carico mai ricevuto. Una perdita che ‘Zeus’ e ‘Ronaldo’ non erano intenzionati a subire, arrivando, perciò, rivolgersi ai familiari di Amato per ottenere la restituzione del denaro.