C’è un fermato per l’omicidio di Rossella Nappini, la 52enne infermiera uccisa ieri alle 17 nell’androne di un palazzo in zona Trionfale, a Roma. Si tratta di un ex compagno della donna: un cittadino marocchino di 45 anni che è già stato trasferito nel carcere romano di Regina Coeli. A bloccarlo nel corso della notte, non lontano dal luogo dell’omicidio, sono stati i poliziotti della Squadra mobile di Roma. Nei suoi confronti è stato applicato il provvedimento di fermo di indiziato di delitto per l’accusa di omicidio volontario. Ieri diverse persone erano state ascoltate in questura. I primi a dare l’allarme erano stati i vicini e alcuni ragazzi quando hanno visto il corpo di Rossella Nappini riverso in terra nell’androne con diverse ferite all’addome, procurate da un’arma da taglio. Ma in tanti sostengono di aver sentito anche delle urla nei minuti precedenti. La donna è stata uccisa a coltellate all’entrata del palazzo dove viveva. Da subito le indagini degli investigatori si erano concentrate su una persona che conosceva la vittima. Alcuni testimoni avevano fatto riferimento a continue liti avute dalla donna con un ex compagno di origine marocchina, si tratterebbe dell’uomo che è stato fermato oggi. La vittima viveva con le sue due figlie assieme alla madre anziana di circa 80 anni nell’appartamento del palazzo in cui è stata uccisa. Immediato anche il cordoglio, unito allo sgomento, del personale dell’ospedale San Filippo Neri, dove lavorava l’infermiera: “È stata uccisa una donna, ancora una volta. Questa donna era una nostra infermiera, lavorava all’ospedale San Filippo Neri. Era parte integrante della nostra comunità ed è doveroso che tutta la ASL Roma 1 si unisca simbolicamente nel cordoglio – insieme al Commissario Quintavalle e alla Direzione Aziendale – e nella espressione di ferma condanna della violenza, in ogni sua forma”. Questo il post su Facebook dell’Asl Roma 1 e dell’Ospedale San Filippo Neri. “Un femminicidio – prosegue il post – non è mai solo un episodio di cronaca. Per questo non dobbiamo mai cedere alla banalizzazione di un simile dramma ma restare vicini a questa famiglia e a quella di tutte le vittime. Non esistono motivazioni reali per simili gesti, si tratta di una barbarie che dovrebbe farci riflettere e vergognare tutti”.

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