Dovrà scontare 12 anni di carcere il 43enne Raffaele Napolitano, ritenuto responsabile della morte della sua convivente. I carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Ischia al comando del capitano Tiziano Laganà hanno eseguito ieri l’ordine di carcerazione emesso dal Tribunale di Napoli a carico dell’uomo già da alcuni anni agli arresti domiciliari. Al termine di un lungo iter giudiziario, Napolitano (originario della terraferma, ma residente sull’isola a Serrara Fontana) è stato dunque riconosciuto colpevole con sentenza definitiva del reato di maltrattamenti in famiglia aggravati nei confronti della compagna, Renata Czesniak, una donna di origini polacche, classe ‘75. Il 43enne, con piccoli precedenti, nel gennaio 2019 durante una lite spinse la donna a terra cagionandole la morte. Renata Czesniak si era trasferita in Italia alla fine degli anni ‘90, per lavorare come infermiera prima e come ragazza immagine nelle discoteche di Rimini e Riccione poi. Successivamente alla nascita di suo figlio, arrivò a Ischia dove non ha mai avuto dimora e occupazione fissa, e cominciò a frequentare gli ambienti dello spaccio. Una vita da irregolare contrassegnata anche da una dipendenza da alcool che l’ha progressivamente resa più fragile e instabile. Il suo ultimo legame sull’isola è stato quello con Raffaele Napolitano, a sua volta senza fissa occupazione. Insieme erano andati a vivere in una casa a Serrara Fontana, ma stando alle testimonianze dei vicini non passava giorno senza che fra i due scoppiassero liti animate. Fino a quando la donna durante una colluttazione è stata spinta con forza dal suo compagno e dopo aver perso l’equilibrio è andata a sbattere violentemente con il capo su uno scalino, morendo sul colpo. Almeno questo è quanto emerso dalle indagini alla base della sentenza di condanna: avvenuta per “maltrattamenti in famiglia aggravati” e non per femminicidio, perchè a giudizio dei magistrati il gesto non sarebbe stato nè premeditato e neppure voluto.