Una ragazza di sedici anni denuncia un falso stupro da parte di due stranieri e il corteo organizzato dai familiari per protestare contro la violenza, con la gente del quartiere, ignari della menzogna, degenera in un vero e proprio assalto a un campo rom alla periferia di Torino. Dieci-quindici minuti di violenza e paura, con qualche decina di persone, alcune armate di bastoni, che invadono il campo alla cascina Continassa, fanno fuggire i Rom, spaccano tutto quello che trovano e poi, con le stesse fiaccole usate per il corteo, danno fuoco alle baracche.

A fermarli è il fratello della ragazza che, accompagnato dai Carabinieri, li avvicina mentre fiamme e fumo si alzano dalla cascina. Li convince a desistere e qualche minuto dopo le autobotti dei vigili del fuoco, fino a quel momento bloccate dai manifestanti violenti, entrano nel campo e cominciano a spegnere le fiamme. I violenti si allontanano alla spicciolata; il corteo, che era partito da piazza Montale si disperde e delle 400-500 persone che vi avevano aderito per esprimere solidarietà alla ragazza e protestare contro la violenza non vi è più alcuna traccia.

Alla fine si contano i danni, non ci sono feriti, due persone sono arrestate per danneggiamento aggravato e il sindaco di Torino, Piero Fassino, tuona la condanna sua e della città per quel quarto d’ora di violenza. “E’ assolutamente inaccettabile – dice senza mezzi termini – che si dia luogo a manifestazioni di linciaggio nei confronti di persone” per la “sola ragione che sono cittadini stranieri. Torino – aggiunge – è una città civile che ha saputo sempre rispettare ogni persona, quale che sia il luogo in cui è nata, la lingua che parla, la religione che pratica”.

E poi la conferma dell’impegno a “respingere chi vorrebbe precipitare la vita della città nell’intolleranza, nell’odio e nella violenza”. E tutto per la bugia di un’adolescente.

 

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