Gli inquirenti stanno stringendo il campo sugli attimi terribili che hanno preceduto e seguito l’attentato di sabato scorso davanti all’istituto ‘Morvillo Falcone’ di Brindisi, ma non ancora sull’autore del gesto criminale. Su quei tragici frangenti sono stati raccolti nelle ultime ore importanti dettagli che danno una indicazione più precisa sulla dinamica dell’attentato nel quale è rimasta uccisa una studentessa sedicenne di Mesagne (Brindisi), Melissa Bassi, e sono state ferite cinque sue compagne di scuola. Anche oggi in Questura sono stati ascoltati numerosi testimoni chiamati a fornire indicazioni utili alle indagini.
Tra queste, anche quella riguardante la presunta presenza, poche ore prima dell’attentato, nelle vicinanze della scuola ‘Morvillo Falcone’, di un furgoncino Pick Up dal quale sarebbe stato scaricato il bidone azzurro nel quale erano nascoste le tre bombe di gpl utilizzate come ordigno. Circostanza che “merita attenzione” hanno riferito fonti investigative, facendo intendere che questo particolare, se confermato, rafforzerebbe l’ipotesi che l’attentatore non ha agito da solo. Questa mattina Massimo Bassi, papà di Melissa, ha incontrato in Procura a Brindisi il pm Milto De Nozza, che segue l’inchiesta coordinata dal procuratore distrettuale antimafia di Lecce, Cataldo Motta. Bassi era accompagnato dal legale della famiglia, Fernando Orsini, presidente del consiglio comunale di Mesagne. Il papà di Melissa ha voluto conoscere di persona il magistrato che si occupa della morte della figlia ribadendo fiducia nel lavoro degli inquirenti. Fiducia che ha manifestato oggi a Roma anche il capo della Polizia, Antonio Manganelli. “Sono sicuro – ha detto – del buon esito di una indagine partita da un’analisi intelligente. La foto? Anche da questo elemento deriverà la soluzione”. Manganelli ha però criticato la “gestione mediatica” delle indagini che “ha lasciato molto a desiderare. Anticipare le indagini sui giornali passo dopo passo non fa bene”. ha concluso. Critiche su questo fronte sono arrivate anche dal Presidente del Senato, Renato Schifani. “Mi auguro si taccia – ha detto – su eventuali fughe di notizie che non aiutano gli investigatori e la magistratura ad assicurare al più presto alla giustizia chi si è macchiato di quell’efferato crimine che ripugna alle coscienze di tutti”. Per il presidente della Camera, Gianfranco Fini, “mai nella storia italiana l’odio era arrivato a livelli così efferati da colpire il mondo della scuola”. Proprio davanti all’istituto scolastico gli investigatori continuano a cercare la soluzione del giallo, lì sperano di trovare elementi utili anche esaminando i resti dell’ordigno che ha seminato la morte sabato scorso. Si tratta di sapere se le tre bombole contenessero solo gpl oppure altre sostanze utili a comporre una miscela esplosiva, ad esempio diserbante o nitrato d’ammonio. Per il chimico e tossicologo forense Roberto Gagliano Candela, docente ordinario all’università di Bari, non ci sono praticamente dubbi: le bombole contenevano una quantità minima di gas, quindi avevano una potenza più devastante a contatto con l’aria, e non altre miscele esplosive. “Uno spostamento d’aria senza grossi danni localizzati – ha detto – è compatibile con l’esplosione da gas”. Altre miscele esplosive avrebbero lasciato segni molto più evidenti di una semplice bruciatura sul muro di recinzione della scuola e tre piccole buche sul marciapiede (oggi la Scientifica ha compiuto sul posto altri rilievi). All’ugello di una bombola sarebbe stato collegato il detonatore, innescando lo scoppio con un telecomando al passaggio di una persona. Piccolo lavoro ingegneristico, secondo Gagliano Candela, che non può fare uno sprovveduto, per di più mosso, come in questo caso, da un mente criminale la cui identità sembra ancora lontana dall’essere individuata.