Cresce il settore della raccolta e del recupero degli abiti usati: nel 2013 sono state raccolte 110.900 tonnellate di tessuti tessili (+10% rispetto al 2012) rispetto alle 71.500 tonnellate del 2009, segnando definitivamente il passaggio dalle iniziali attività di beneficenza alla costituzione di una filiera industriale, per cui “è necessario stabilire regole chiare e trasparenti” che ne stabilizzino anche lo sviluppo.

E’ quanto emerso dal convegno ‘Vestiti usati: dalla beneficenza al riuso e riciclo’ promosso dal Conau, il Consorzio nazionale degli abiti e degli accessori usati, in collaborazione con Anci e Fise­Unire sulle condizioni del settore, che si è tenuto questa mattina alla biblioteca del Senato a Roma. La media nazionale di raccolta differenziata pro capite di rifiuti tessili nel 2013 risulta pari all’1,8% kg/ab con un incremento del 9,5% rispetto al 2012 (1,63 kg/ab). Il Nord si attesta su 2 kg/ab di raccolta, il Centro su 2,4 kg/ab, il Sud su 1,3 kg­ab. Emerge inoltre una disparità tra le varie regioni che prescinde dall’appartenenza territoriale: le più virtuose sono Trentino­Alto Adige (3,6 kg/ab), Toscana (2,8 kg/ab) e Basilicata (2,7 kg/ab). Inoltre emerge la grande differenza con la raccolta negli altri Paesi europei (6 kg per abitante contro i circa 2 degli italiani). Si registrano attività di raccolta border line che violano le disposizioni normative, per cui “è necessario ­ dichiara il presidente del Conau, Edoardo Amerini ­ che si proceda in tempi rapidi alla definizione del decreto previsto dal testo unico ambientale, per fornire un riferimento univoco e preciso su tutto il territorio nazionale”. L’indagine del Conau nelle province italiane inoltre ha registrato il proliferare di cassonetti e contenitori di “circuiti paralleli a quelli ufficiali della raccolta di abiti usati”. Secondo l’analisi sono presenti su tutto il territorio nazionale 4 mila cassonetti non autorizzati che raccolgono 15 tonnellate annue a cui va aggiunto il sistema “porta a porta” per un totale di 25 mila tonnellate (il 25% del circuito ufficiale”. Conau evidenzia “una notevole disparità tra operatori che seguono le normative ambientali e coloro che non le rispettano, e quindi la mancanza di tracciabilità degli abiti, a livello economico, Comuni e aziende incaricate del servizio vengono private di un flusso di rifiuti e dei relativi proventi. Infine operatori ‘non ufficiali’ sopportano costi inferiori a quelli ‘ufficiali’ agendo in concorrenza sleale”. Per Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente, “bisogna specificare nella normativa esistente se chi fa la preparazione al riutilizzo debba essere soggetto o no ad autorizzazione, è necessario uniformare le regole a livello europeo, in Italia è obbligatorio il processo di igienizzazione, in Europa no”. “Manca un interlocutore da anni che dovrebbe essere il Ministero dell’Ambiente ­ ha sottolineato Filippo Bernocchi, delegato Anci Energia e Rifiuti ­ ora è necessario un riassetto normativo chiaro che faciliti gli operatori, è il momento di istituire un position paper di chi tutti i giorni tratta i rifiuti”. Giuseppe Marinello, presidente commissione Ambiente del Senato, nel corso della mattinata, ha ribadito che “serve maggiore trasparenza in tutto il processo di raccolta e riciclo, da parte nostra c’è la massima disponibilità a confrontarci”.

 

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