L’appuntato scelto dei carabinieri Giovanni Sali potrebbe essere stato ucciso con la sua pistola d’ordinanza al termine di una collutazione con il suo (o i suoi) assassini: lo ipotizzano gli investigatori dell’Arma alla luce del livido trovato sul collo e dalla camicia completamente strappata sulla schiena, uno squarcio ben più ampio di quello fatto di proposito dai soccorritori del 118 nell’estremo e purtroppo vano tentativo di rianimarlo.

Maggiore chiarezza dovrebbe arrivare dall’autopsia che potrebbe tenersi a Pavia già nel pomeriggio di oggi o al massimo domani. I risultati dell’esame autoptico, come quelli dei rilievi svolti dal Ris, serviranno a mettere dei punti fermi, indispensabili ad un’indagine che si presenta complessa: gli investigatori, che in questi due giorni hanno già ridotto le diverse piste iniziali, sono portati a pensare che il loro esperto collega conoscesse il suo (o i suoi) assassini. Prima di ritornare nel pomeriggio (ci era già andato in mattinata) in via del Tempio, Sali aveva telefonato al suo collega per avvisarlo, poi si era diretto nella viuzza deserta e semibuia del centro per controllare alcune auto o dei motorini che erano parcheggiati. Forse si è imbattuto o ha sorpreso qualcuno che conosceva e che lo ha aggredito, afferrandolo per il collo o per il bavero della giacca, causando la reazione dell’appuntato che potrebbe aver estratto dalla fondina, caricandola contestualmente, l’arma e l’aggressore (da solo o con un complice) potrebbe essere riuscito a togliergliela dalle mani e a far fuoco per tre volte. Due colpi hanno raggiunto il militare al torace uccidendolo, il terzo proiettile ha invece colpito il palmare di servizio distruggendolo, è rimbalzato ed è schizzato via. Intorno alle 15.30 nella Procura di Lodi i vertici dei comandi provinciali di Lodi e Milano incontreranno il Pm Giampaolo Melchionna che coordina le indagini e il procuratore capo Armando Spataro, che questa mattina hanno fatto un sopralluogo sul luogo del delitto

 

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