La notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, quando Ruby venne rilasciata in seguito alle telefonate di Silvio Berlusconi, in questura a Milano si è verificato “come un attacco militare”,
perché in successione negli uffici di via Fatebenefratelli si sono presentate prima la consigliera regionale Nicole Minetti e poi la brasiliana Michelle Conceicao. Lo ha detto il pm Ilda Boccassini, davanti ai giudici della quarta sezione penale, replicando alle eccezioni presentate dalla difesa del premie e sostenendo che “era palese che c’erano persone che si prostituivano” nel corso “delle serate nella residenza del premier” ad Arcore. “Accerchiamento militare”. Secondo il procuratore aggiunto, dunque, la notte in cui Ruby venne rilasciata e poi affidata alla consigliera regionale “abbiamo avuto un accerchiamento militare e si è diretto tutto in questura”. Il processo è stato poi aggiornato al 18 luglio: nello stesso giorno è in calendario anche un’udienza del processo Mills. E il nuovo avvocato di Ruby, Egidio Verdini, ha annunciato che “faremo una conferenza stampa nel mio studio entro la fine del mese, per ora non posso dire altro”. La competenza. “Il processo deve restare al tribunale ordinario di Milano, non deve essere trasferito né al tribunale dei ministri per competenza funzionale nè a quello di Monza per competenza territoriale”, aveva detto ancora il pm Boccassini spiegando che non c’è alcun reato ministeriale, commesso cioè da Berlusconi nell’esercizio delle sue funzioni. Il pm ha ribadito che il premier abusò della qualità del suo incarico, non delle sue funzioni. No anche al trasferimento a Monza. “E’ vero che il funzionario di polizia Ostuni ricevette la telefonata del premier al fine di far affidare la minorenne Ruby nella sua casa a Sesto San Giovanni. Ma ciò non significa, come sostiene la difesa, che il reato si consumò A Sesto, distretto giudiziario di Monza. La minore venne affidata a Nicole Minetti, che si recò in questura a Milano,e quindi il reato si consumò a Milano”. Le procedure. Le indagini sono state fatte nel rispetto delle regole e della Costituzione, ha sostenuto ancora il pm Boccassini. La Procura è certa di aver rispettato le regole, anche nella scelta del rito immediato chiesto “nei tempi dei 90 giorni dall’iscrizione dell’indagato e con l’evidenza della prova” , eguendo per di più l’indirizzo costituzionale sulla base del quale “i processi devono durare poco. Il rito immediato – ha rimarcato il magistrato – ha proprio questa funzione, fare presto, nel rispetto del diritto della difesa”. Le intercettazioni. “Non è stata utilizzata alcuna intercettazione con Berlusconi. Nel tabulato cartaceo si fa riferimento a 64 contatti di Ruby con utenze riferibili al presidente del Consiglio, ma nessuno di questi 64 contatti è stato usato come elemento di prova”, ha assicurato la Boccassini. “Negli elementi di prova che sono stati evidenziati in parte nell’invito a comparire, e comunque nella richiesta di decreto di giudizio immediato, troverete solo i dati delle telefonate con il presidente del Consiglio confermate dai testi che hanno ammesso di aver parlato con lui”. Per cui, secondo la Boccassini, affermare che si è intercettato il premier senza l’autorizzazione prevista dalla legge “è una circostanza che è fuori dalle carte processuali: tutti sono legittimati a pensarlo, altra cosa è quel che emerge dalle carte”.