L’indagine aperta in Vaticano contro le fughe di documenti conosce sviluppi clamorosi, e porta direttamente nell’appartamento del Papa. E’ stato infatti messo in stato di arresto, perché trovato “in possesso illecito di documenti riservati”, niente meno che “l’aiutante di camera” di Benedetto XVI, il maggiordomo del Papa, in assoluto una delle figure più vicine al Pontefice insieme ai segretari personali. Paolo Gabriele – questo il suo nome – è sospettato di essere uno dei “corvi”, coloro che hanno portato all’esterno carte segrete del Vaticano e persino lettere private di papa Ratzinger.
Informato dell’arresto dell’aiutante di camera, Benedetto XVI é rimasto particolarmente “addolorato”, ha detto all’ANSA una fonte vicina al Papa, sottolineando come “si tratti di vicende dolorose” e come il Pontefice, “consapevole della situazione” mostri “partecipazione” e sia “rattristato e colpito”. Paolo Gabriele, soprannominato “Paoletto”, romano, 46 anni, sposato con tre figli, è l’aiutante di camera di Benedetto XVI dal 2006, quando ha preso il posto dello “storico” maggiordomo di Giovanni Paolo II, Angelo Gugel. E’ entrato a far parte del ristrettissimo cerchio della “famiglia pontificia”, dopo essere stato a servizio dal prefetto della Casa pontificia, monsignor James Harvey. Ieri pomeriggio Gabriele è stato prima fermato dagli agenti della Gendarmeria, al comando dell’ispettore generale Domenico Giani, per il possesso del materiale riservato e quindi interrogato stamane dal promotore di giustizia, Nicola Picardi, il pm del Vaticano, che lo fatto porre agli arresti. L’uomo è trattenuto in stato di detenzione e sorvegliato e “si trova ora – ha spiegato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi – a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori approfondimenti”. La Gendarmeria, nei suoi accertamenti, ha seguito anche le indicazioni della Commissione cardinalizia d’inchiesta nominata dal Benedetto XVI per indagare sui cosiddetti ‘Vatileaks’ degli ultimi mesi, guidata dal cardinale Julian Herranz e composta dagli altri porporati Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi. In Vaticano, comunque, circolano già dubbi sulla possibilità che Gabriele sia effettivamente il “corvo”. E in ogni caso ciò che si presume è che eventualmente non sia il solo. Si fa fatica a pensare, comunque, che nella città leonina si sia voluto sacrificare come semplice “capro espiatorio” una persona così vicina al Papa, l’uomo, per dire, che gli serve il pranzo a tavola o gli prepara il letto la sera. Già ieri, quando il ‘board’ dello Ior ha sfiduciato il presidente Ettore Gotti Tedeschi, uno degli addebiti che gli venivano mossi, oltre alle carenze nella governance dell’Istituto, era di aver fatto filtrare all’esterno informazioni riservate del Vaticano. Sono due, quindi, i laici finora chiamati in causa per le fughe di notizie vaticane. Tuttavia anche su una ipotetica responsabilità dell’ormai ex presidente dello Ior circola più di un dubbio Oltretevere. Una fonte ben informata addirittura tratteggia in uno scontro tra Gotti Tedeschi e il direttore dello Ior, Paolo Cipriani, l’origine di possibili fughe di notizie. Il ‘giallo’, insomma, assume sempre più contorni di una vicenda senza precedenti. E le teste, anche qui con modalità e tempi mai visti, sono cominciate a cadere. Le indagini, inoltre, vanno avanti alla ricerca di altri presunti responsabili. Dopo mesi di stillicidio dei ‘Vatileaks’, di “veleni”, di sotterranei scontri di potere, il giro di vite sui presunti “corvi” ha avuto una stretta improvvisa negli ultimi giorni dopo la pubblicazione del libro di Gianluigi Nuzzi “Sua Santità”, che contiene una mole di documenti riservati e carte private del Papa, su vicende di cui si è molto discusso, dal caso Boffo al caso Viganò, dalle polemiche sull’Ici e la Chiesa (ci sono carte sui contatti tra lo stesso Gotti Tedeschi e il ministro Tremonti sull’argomento) e sulle leggi italiane che il Vaticano avrebbe voluto fossero cambiate, in particolare su temi etici (se ne parla nella nota che il “ministro degli esteri” mons. Dominique Mamberti stilò in occasione di una cena tra il Papa e il presidente Napolitano). Oltre all’indagine interna condotta dalla Gendarmeria e supervisionata dalla Commissione cardinalizia, la Santa Sede ha annunciato che ricorrerà alla giustizia contro il furto, la ricettazione e la divulgazione di “notizie segrete”, descrivendo la pubblicazione dei documenti come “un atto criminoso”. Per questo chiederà anche la “collaborazione internazionale”. Intanto, sullo scenario delle manovre di Curia dipinto dalla pubblicazione dei documenti top secret trapela anche un commento dello stesso Benedetto XVI in un colloquio di due giorni fa in Vaticano: “”Gli italiani, conosciamo gli italiani. Perché disturbare il Papa con queste cose di italiani?”, riferendosi naturalmente ai porporati italiani apparentemente implicati.