Vi penso “fin dai primi giorni”, ma quando “la prova si è fatta più dura” ho desiderato “venire in mezzo a voi di persona”. “Non siete e non sarete soli”. Da Rovereto sulla Secchia, dopo aver attraversato la “zona rossa”, Benedetto XVI “abbraccia idealmente” tutte le persone e i paesi colpiti dal terremoto cominciato il 20 maggio.

Un abbraccio ricambiato con affetto da due mila persone che lo hanno accolto con cori e striscioni. Dal Papa 85enne una visita di poche ore che è un’iniezione di affetto e un forte incoraggiamento: gli abitanti di questo lembo d’Italia “stimati per umanità e socievolezza” hanno risorse e valori per ricostruire. E come si fece nel dopoguerra italiano, possono rimettersi in piedi non solo per gli “aiuti” ma anche grazie a solidarietà, fede, valori. Per questo il “forte appello a istituzioni e cittadini”: “non siate indifferenti davanti a chi è nel bisogno”. Papa Ratzinger, giunto in elicottero a San Martino di Carpi, ha prima incontrato nella “zona rossa” di Rovereto il fratello adottivo di don Ivan, il parroco di santa Caterina morto nel crollo della sua chiesetta; poi ha potuto salutare 63 persone salite sul palco a stringergli la mano; nel complesso è stato seguito durante la visita da circa duemila persone, molte mamme con bambini. Ha ascoltato, cercato di confortare, si è stretto al dolore di tanti. Giunto al campo di Rovereto di Novi con il segretario personale Georg Gaenswein e il capo della Protezione civile Franco Gabrielli, Benedetto XVI è stato accolto dal presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani, e dall’arcivescovo di Bologna e presidente dei vescovi della regione, Carlo Caffarra, rimasti poi accanto a lui sotto il gazebo bianco. Nei saluti di Errani e Caffarra una certa sintonia con le parole che avrebbe poi pronunciato il Papa. In Emilia, ha sottolineato Errani, c’é una comunità “che pure tra tante difficoltà e disagi vuole essere solidale al lavoro, che non cede alla disperazione e al lutto. Una comunità che guarda avanti e vuole costruire qualcosa per il domani, meglio di ieri. Con sempre più identità. Con qualità, umanità, passione. Ebbene questo siamo e questo restiamo”. Vogliamo ricostruire, ha detto l’esponente del Pd, “rispettando le regole, ma senza burocrazia, in una situazione straordinaria”. Il cardinale Caffarra ha citato quanto dice il don Camillo di Guareschi dopo l’alluvione: “se alla fine avete perso ogni cosa, sarete ancora più ricchi se non avrete perso la fede”. Si sa che don Camillo non è solo il personaggio letterario antagonista e amico del sindaco comunista Peppone, quanto espressione di un pezzo d’anima di questa terra. E di un periodo storico, il dopoguerra e la ricostruzione, richiamati come esempio di solidarietà e umanità dal Papa. Tutto il discorso di papa Ratzinger è stato mosso da affetto, incoraggiamento alle persone e alle autorità, vicinanza vera. Tra l’altro si è immedesimato nella “paura” indotta dal terremoto, che diventa più profonda e insidiosa se le scosse si prolungano, come è avvenuto anche in Emilia e nella bassa Lombardia. Ha apprezzato la storia di queste genti laboriose e solidali, invitando non cedere alle tentazioni degli interessi individuali. Primate d’Italia, Benedetto XVI ha già destinato ai terremotati 500 mila euro frutto di una colletta durante l’incontro mondiale della famiglie a Milano. La Cei ha destinato 3 milioni dai fondi dell’otto per mille e raccolto altri fondi con la colletta di domenica scorsa in tutte le parrocchie italiane. “La Chiesa – ha assicurato prima di congedarsi – “vi è vicina e vi sarà vicina con la preghiera e l’aiuto concreto delle sue organizzazioni”.

 

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