In alcune regioni come la Toscana delle best practice già esistono, ma presto da Nord a Sud Italia la donna che subisce maltrattamenti, una volta arrivata al pronto soccorso troverà un percorso di accoglienza pensato per aiutarla. Lo prevedono le ‘Linee guida per le aziende sanitarie e ospedaliere in tema di soccorso e assistenza sociosanitaria’, che le regioni dovranno recepire entro un anno, uniformando così quello che accade nel nostro Paese.
A fare il punto su quanto è stato fatto e quanto si sta facendo è il corso di formazione per giornalisti “Stop alla violenza di genere. Formare per fermare”, organizzato con il sostegno del Gruppo Menarini e in collaborazione con il Dipartimento delle Pari Opportunità, che ha si e’ svolto a Roma lo scorso mese e oggi ha fatto tappa a Napoli. “Non esiste solo una violenza sessuale e fisica – ricorda Vincenzo Mastronardi, psichiatra e criminologo – ma c’è anche una violenza economica, ovvero il controllo ossessivo delle spese come volontà di oppressione. Mentre quella psichica consiste in minacce e denigrazione, ma anche controllo delle amicizie e allontanamento dai parenti”. Spesso però questi episodi sono difficili da individuare. A tacere infatti è il 90% di chi li subisce. Le linee guida nazionali si prefiggono di sostenere la donna a tutto tondo, anche nella eventuale scelta di denunciare e stabiliscono i parametri minimi a cui si devono uniformare le strutture sanitarie. In alcune regioni, infatti, non esiste nulla mentre in altre dei percorsi di accoglienza già esistono. Ad esempio in Toscana è attivo un Codice Rosa, ovvero un codice di accesso al Pronto soccorso riservato alle donne vittime di violenza, spiega il referente scientifico Vittoria Doretti. “Quando arriva una donna che dichiara, o mostra segni, di aver subito violenza di genere, si avvia un percorso in cui ne è tutelata nella privacy, ma che prevede anche sinergia con i centri antiviolenza e la custodia di eventuali elementi che possono costituire prove in caso di processo”. Codice rosa nasce a Grosseto nel 2009-2010 ma “oggi è una rete strutturata. Perché ogni pronto soccorso toscano deve avere la possibilità di accogliere in modo adeguato le donne maltrattate”.