Silvio Berlusconi “ha lasciato le sue ‘impronte digitali'” sul sistema “truffaldino” di “maggiorazione dei costi” dei diritti tv acquistati da Mediaset, tra il 1994 e il 1998. C’era lui, infatti, “all’apice della catena di comando del settore” ed era lui ad avere “il controllo su Fininvest, che ha organizzato la frode”.


E sempre all’ex presidente del Consiglio poi “sono riconducibili i conti bancari dove sono stati versati i fondi neri”, che sarebbero stati realizzati con le compravendite ‘gonfiate’. E’ con queste motivazioni, in sintesi, che il pm di Milano Fabio De Pasquale ha chiesto oggi per l’ex premier la condanna a 3 anni e 8 mesi di reclusione, al termine di una requisitoria durata 7 ore in un processo che va avanti ormai da 6 anni. La sentenza potrebbe arrivare in autunno, a chiudere un dibattimento cominciato nel 2006 e passato per numerosi ‘stop’ anche per attendere i pronunciamenti della Corte Costituzionale sui ‘lodi Schifani e Alfano’ e sulla legge sul legittimo impedimento. Quello sulle presunte irregolarità nella compravendita dei diritti tv da parte di Mediaset, davanti ai giudici della prima sezione penale (presidente del collegio Edoardo D’Avossa), è uno dei tre processi milanesi in corso a carico dell’ex premier, oltre a quello sul caso Ruby e all’altro con al centro la fuga di notizie sull’intercettazione Fassino-Consorte ai tempi della scalata alla Bnl. Per la vicenda ‘Mills’, invece, a febbraio era stata decretata la prescrizione (le parti hanno tempo fino ai primi di luglio per ricorrere in appello), mentre per il caso Mediatrade la Cassazione ha confermato nei giorni scorsi il proscioglimento di Berlusconi. Un’assoluzione questa, in un procedimento ‘parallelo’ sempre sui diritti tv, di cui i giudici della prima sezione, secondo gli avvocati Ghedini e Longo, dovranno tenere conto. Mentre il pm infatti, come hanno chiarito i due legali, “come di consueto, chiedeva con argomenti insussistenti e privi di ogni fondamento la condanna del presidente Berlusconi”, la Corte di Cassazione “depositava la motivazione con cui assolveva lo stesso presidente Berlusconi per la medesima vicenda, ancorché per anni diversi, confermando la sua assoluta estraneità e la totale carenza di prove o riscontri a suo carico”. In aula il pm De Pasquale, con a fianco il collega Sergio Spadaro, dopo aver ricostruito “la storia degli acquisti dei diritti Mediaset, che affonda le sue radici nei primi anni ’90 con le societa’ ‘di carta’ del ‘gruppo B’ Fininvest”, ha chiesto 11 condanne per altrettanti imputati, tra cui diversi ex manager del gruppo del Biscione e alcuni presunti ‘intermediari’ nelle compravendite, a pene comprese tra i 3 e i 6 anni. La pena più alta è stata chiesta per Paolo Del Bue, fondatore di Arner Bank e accusato di riciclaggio, mentre per Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, che risponde di frode fiscale come Berlusconi, l’accusa ha chiesto 3 anni e 4 mesi. Per il pm “metà delle sentenza” è già tracciata nelle due consulenze dell’accusa (2005 e 2006) redatte dalla società di revisione Kpmg che avrebbe accertato, a detta del magistrato, “quella catena di vendite artificiose che in 4 anni, tra il ’94 e il ’98, hanno creato costi fittizi a carico di Mediaset per 368 milioni di dollari”. Nello schema delineato dall’accusa, i dirigenti Fininvest/Mediaset, avvalendosi di intermediari e società compiacenti, avrebbero, infatti, gonfiato i costi d’acquisto dei diritti dei film da trasmettere in tv (“3 mila titoli in 4 anni, comprati con 12 mila passaggi contrattuali”) per creare fondi neri. E così, stando all’imputazione, nei bilanci Mediaset degli anni 2001-2002-2003 sarebbero finiti “circa 40 milioni di euro di costi gonfiati”. E i soldi ottenuti dalla presunta frode? Secondo il pm, “circa 250 milioni di dollari sono rimasti nel ‘comparto riservato’ (il cosiddetto ‘gruppo B’, ndr) di Fininvest”. E queste “società nascosté” – alcune delle quali, “quelle maltesi” in particolare, avrebbero avuto un ruolo nelle “vendite fittizie e ‘spezzettate'” – erano, ha affermato De Pasquale, “proprio di Berlusconi come persona fisica”. Allo stesso ex premier poi, “che era anche, da tempo immemorabile, in stretti rapporti col produttore americano Frank Agrama (per lui chiesti 3 anni e 8 mesi di condanna, ndr)”, sarebbero riconducibili anche “i conti bancari” da cui sarebbe transitata “la cresta”: quei presunti fondi neri passati per “conti svizzeri e delle Bahamas o in quelli del fiduciario Del Bue di Arner Bank” e poi “usciti con prelievi in contanti”.

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui