Papa Francesco è a Cagliari, ad accoglierlo sotto la scaletta dell’aereo tra gli altri l’arcivescovo di Cagliari, Arrigo Miglio,il ministro della giustizia Anna Maria Cancellieri, il governatore Ugo Cappellacci, l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede Francesco Maria Greco, il nunzio apostolico Adriano Bernardini. In prima fila una decina di disabili.

Papa Francesco si è avvicinato alla loro postazione a bordo di una Ford blu e dal finestrino aperto ha salutato con un sorriso le persone che lo acclamavano. Poi l’auto si è diretta versa il Cpa, Centro prima accoglienza immigrati, struttura all’interno dell’aeroporto che attualmente accoglie circa 150 ospiti. Il Papa è statop acclamato dagli ospiti – un’ottantina – della struttura e il pontefice ha contraccambiato con calore. L’auto con il Santo Padre padre ha rallentato nel passaggio davanti alla struttura che accoglie gli immigrati richiedenti asilo, la maggior parte di fede musulmana. Subito è scattato l’applauso.

Il Papa dal palco parla ai lavoratori della Sardegna e li incoraggia ricordando la tragedia della mancanza del lavoro. ”Io vi dico coraggio, ma non voglio che questa sia una parola vuota detta con un sorriso. Non voglio fare l’impiegato della chiesa che dice parole vuote. Voglio che questo venga da dentro, ve lo dico come pastore e come uomo!. ”La mancanza di lavoro – prosegue – porta alla mancanza di dignità. Non lasciatevi rubare la speranza, non lasciatevi rubare la speranza!. Come figlio di un ‘papà andato in Argentina pieno di speranza’ – ha detto Bergoglio – conosco la ‘sofferenza” delle speranze deluse degli emigranti e ‘vi dico coraggio’, ma so che non posso dirvelo come un ‘impiegato della Chiesa”, ma ‘fare di tutto come pastore e uomo per darvi questo coraggio”. ”Mio papà da giovane – ha detto il Papa al mondo del lavoro sardo, prendendo spunto da questo ricordo personale per un intero discorso a braccio che ha commosso tantissimi presenti – è andato in Argentina pieno di illusioni, convinto di trovarvi l’America e ha sofferto la crisi del Trenta, hanno perso tutto, non c’era lavoro, e io ho sentito nella mia infanzia parlare di questo tempo a casa, non l’ho visto, perché non ero ancora nato, ma ho sentito dentro casa questa sofferenza, parlare di questa sofferenza”.

”Conosco bene questo, – ha aggiunto – ma devo dirvi coraggio, ma anche sono cosciente che devo fare tutto del mio perché questa parola ‘coraggio’ non sia una bella parola di passaggio, non sia soltanto un sorriso di impiegato cordiale, un impiegato della chiesa che viene e vi dice ‘coraggio’, no questo non lo voglio, vorrei che questo coraggio venga da dentro e vi spinga a fare di tutto, devo farlo come pastore, come uomo: dobbiamo affrontare con solidarietà tra voi, anche tra noi, tutti con solidarietà e intelligenza questa sfida storica”.

 

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