A quasi un anno dal suo arresto, Pierangelo Daccò, il faccendiere legato al governatore della Lombardia Roberto Formigoni da un rapporto ventennale di “grande amicizia”, incassa una pesante condanna: 10 anni di carcere per aver contribuito al dissesto del San Raffaele, uno dei fiori all’occhiello della sanità e della ricerca in Italia tuttora oberato da consistenti perdite.

A decidere di raddoppiare la pena chiesta dal pm Luigi Orsi – 5 anni e mezzo – è stato oggi, al termine del processo con rito abbreviato, il gup Maria Cristina Mannocci che ha anche disposto una provvisionale, peraltro immediatamente esecutiva, non da poco: il faccendiere dovrà versare alla parte civile, cioé la ‘nuova’ Fondazione San Raffaele in concordato preventivo, e ai commissari, 5 milioni di euro. Per lui le accuse sono associazione per delinquere finalizzata alla distrazione di fondi, all’appropriazione indebita e alla frode fiscale e concorso in bancarotta. Il giudice invece ha assolto “per non aver commesso il fatto” l’imprenditore Andrea Bezzicheri, socio con Gianluca Zammarchi nella Metodo società di costruzione. Per Bezzicheri, in aula a tutte le udienze del processo (che si è svolto a porte chiuse), la Procura aveva chiesto 3 anni di reclusione. “I processi terminano con la valutazione del giudice di terzo grado dopo la lettura della Corte d’Appello”, ha commentato a caldo Giampiero Biancolella, il difensore di Daccò, annunciando che impugnerà. “E’ una sentenza – ha aggiunto il legale – che potrebbe avere i piedi d’argilla perché si è basata sugli stessi e identici motivi per i quali la Cassazione ha annullato la prima ordinanza di custodia cautelare in carcere per il mio assistito”. La Suprema Corte infatti, all’indomani dell’arresto del faccendiere, aveva accolto il ricorso dell’avvocato e annullato con rinvio il provvedimento affinché il gip rimotivasse, come poi è stato fatto, in relazione alla sua partecipazione alla bancarotta. Partecipazione che questo pomeriggio è stata confermata da un altro giudice che ha stabilito che Daccò, quando ‘operava’ per l’ente, era a conoscenza del dissesto che ha poi raggiunto quota un miliardo e mezzo di euro. La condanna di Daccò – lo scorso giugno raggiunto da un altro ordine di cattura per il caso Maugeri (qui è indagato anche Formigoni) – ha messo un punto fermo nelle indagini che hanno alzato un velo sul cosiddetto ‘sistema San Raffale’. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, a partire dal 2005, dalle casse della Fondazione Monte Tabor sarebbero stati distratti in totale circa 47 milioni (5 arrivati direttamente a Daccò), di cui oltre 35 solo per l’acquisto di un jet privato: gli imprenditori, questo è stato accertato, avrebbero sovrafatturato i costi delle prestazioni erogate all’ente per poi retrocedere l’importo maggiorato in contanti o con bonifici bancari in parte per le esigenze del vecchio management e del suo entourage, e in parte per essere girati al faccendiere che avrebbe occultato il denaro in conti all’estero rendendolo irrintracciabile. Un ‘sistema’, questo, che ha anche portato sul banco degli imputati davanti al Tribunale gli imprenditori Pierino e Gianluca Zammarchi e Fernando Lora e il contabile di quest’ ultimo Carlo Freschi: alla prossima udienza, fissata per venerdì, in aula sono attesi la testimonianza della segretaria di Cal e l’interrogatorio dell’ex direttore finanziario Mario Valsecchi che ha patteggiato due anni e dieci di mesi. E mentre Daccò dovrà ora fare i conti con il procedimento che riguarda la Fondazione Maugeri – gli inquirenti pare stiano abbandonando l’idea di chiedere il rito immediato -, in seguito alla sua condanna in Regione il centrosinistra ha di nuovo ribadito la richiesta di dimissioni di Formigoni. Pronta la risposta del Pirellone. “A 16 mesi dall’apertura delle indagini sul San Raffaele – è stato fatto sapere con una nota – la magistratura non ha sollevato nessun addebito nei confronti di nessun esponente e di nessun atto della Regione Lombardia”. “Come abbiamo sempre sostenuto – prosegue la nota -, Regione Lombardia è totalmente estranea agli episodi di cui si parla e nessun euro di denaro pubblico è stato sperperato”. Quindi, “le speculazioni della sinistra estrema, Pd, Idv e Sel, come spesso capita sono infondate e vigliacche”.

 

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