Condannata dal Csm per non aver rispettato il dovere del riserbo. E’ la sorte toccata ad Annamaria Fiorillo, il magistrato della procura per i minorenni di Milano che era di turno la notte del 27 maggio del 2010, quando Ruby venne portata in questura e poi rilasciata e affidata all’allora consigliere regionale Nicole Minetti.

La sezione disciplinare di Palazzo dei marescialli le ha inflitto la sanzione della censura per le dichiarazioni alla stampa con cui di fatto smentì la ricostruzione fornita in Parlamento dall’allora ministro dell’Interno Maroni. E lo ha fatto accogliendo la richiesta della procura generale della Cassazione (rappresentata dal sostituto Betta Cesqui), che contestava al magistrato di aver lei stessa sollecitato l’attenzione dei giornalisti su quelle che erano state le sue direttive quella notte, violando il dovere di riservatezza sull’ attività di ufficio che incombe su tutti i magistrati. “Non sono stupita, l’avevo messo in conto, ma rifarei comunque tutto quello che ho fatto”, ha detto a caldo Fiorillo, annunciando ricorso davanti alle Sezioni Unite della Cassazione. Nel ricostruire al Senato sei mesi dopo i fatti quello che era accaduto quella notte del 27 maggio 2010, Maroni riferì che l’allora premier Silvio Berlusconi aveva telefonato al capo di gabinetto della questura di Milano per chiedere informazioni sul fermo della ragazza che gli era stata segnalata come “la nipote del presidente Mubarak”; e soprattutto disse che l’affidamento di Ruby a Minetti era avvenuto “sulla base delle indicazioni del magistrato di turno”. Un “via libera” che in realtà non c’era stato, come hanno dimostrato le registrazioni di quelle telefonate allegate al processo in corso a Milano a carico Berlusconi. Fu proprio per “ristabilire la verità”, ha spiegato oggi Fiorillo, che all’indomani dell’intervento di Maroni lei ritenne “doveroso” rompere il silenzio, che sino a quel momento aveva invece osservato, nonostante “l’assedio” dei giornalisti nei suoi confronti e la messa “in discussione” del suo comportamento in trasmissioni televisive e sui giornali: “se fossi stata zitta avrei prestato acquiescenza a quella ricostruzione”. Una scelta, confermata sei giorni dopo con un’intervista a “In mezz’ora” , che serviva dunque a tutelare la sua credibilità di fronte a una “ricostruzione nociva” che la faceva apparire un “magistrato poco scrupoloso e credulo verso la notizia inverosimile” che Ruby fosse effettivamente la nipote di Mubarak, come ha osservato il difensore di Fiorillo, Nello Rossi, procuratore aggiunto a Roma. Fiorillo si è difesa in maniera schietta e appassionata: si é paragonata a Forrest Gump, il personaggio interpretato al cinema da Tom Hanks; ha rivolto un appello ai suoi giudici a riflettere su quello che avrebbero fatto al suo posto e alla fine si è commossa quando, rivendicando la sua scelta, ha detto di averla compiuta pensando a suo padre, magistrato come lei. E Rossi ha paragonato il processo alla sua assistita a quelli che toccarono a tutti i protagonisti di Mani Pulite.

 

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