Impiega 49 minuti per spiegare perché il processo sulla trattativa Stato-mafia resterà a Palermo e sarà celebrato dalla sua corte d’assise. Una lunghissima ordinanza, quella letta da Alfredo Montalto, presidente della seconda sezione della corte d’assise di Palermo, che smonta tutte le argomentazioni che i difensori dei dieci imputati avevano posto alla base delle loro eccezioni di incompetenza. Per la Procura è certamente una vittoria su tutti i fronti, perché il provvedimento riprende gli spunti tecnici citati dai pm nelle loro repliche alle osservazioni difensive.

Ed è una vittoria anche del gup Piergiorgio Morosini che nel rinviare a giudizio gli imputati individuò proprio nella corte d’assise di Palermo il giudice competente. I pm non nascondono la loro soddisfazione. “Non avevamo dubbi sull’accoglimento delle nostre argomentazioni che sono state riprese tutte nell’ordinanza della corte perché si trattava di ragioni di diritto fondate, ad esempio, su una sentenza delle sezioni unite della Cassazione che era stata ignorata dalle difese”, commenta l’aggiunto Vittorio Teresi. Mentre per il pm Nino Di Matteo, pubblica accusa insieme a Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, l’ordinanza della corte “é uno stimolo per vedere se soggetti che non sono ancora sotto processo abbiano commesso reati nella tragica stagione delle stragi”. Le principali eccezioni dei legali battevano sulla presunta incompetenza della corte d’assise di Palermo. Incompetente due volte – a loro dire – : per materia e per territorio. La corte infatti era entrata in gioco perché tra i reati contestati nella richiesta di rinvio a giudizio c’era l’omicidio dell’eurodeputato Salvo Lima, imputato al boss Bernardo Provenzano. L’omicidio è reato su cui ha competenza la corte d’assise. La posizione del capomafia, però, è stata stralciata, restano quindi a processo boss, ex carabinieri, politici, Massimo Ciancimino accusati a vario titolo di minaccia a Corpo politico dello Stato, concorso in associazione mafiosa e falsa testimonianza, tutti reati che il codice assegna alla competenza del tribunale. Perché allora il dibattimento dovrebbe restate in corte d’assise? eccepivano i legali. I giudici rispondono citando una sentenza delle sezioni unite della Cassazione del 28 febbraio che dice che quando i reati sono connessi, come in questo caso visto che l’omicidio Lima è il primo atto con cui si concretizza la minaccia allo Stato, “la connessione è criterio originario di attribuzione della competenza”. Una volta fissata la competenza, dunque, per le sezioni unite, è indifferente cosa accada dopo. Quindi lo stralcio della posizione di Provenzano non avrebbe effetti. Bocciate anche le eccezioni che chiedevano il trasferimento del processo a sedi come Firenze e Caltanissetta, città in cui tra il ’92 e il ’93 Cosa nostra concretizzò la sua strategia stragista. Gli eccidi di Firenze sono di uguale gravità dell’omicidio Lima, sono entrambi puniti con l’ergastolo, e la competenza, dice la corte, appartiene al giudice competente per il primo reato, che è l’attentato all’eurodeputato. Le stragi Falcone e Borsellino, invece, oltre che essere successive al delitto Lima, non sarebbero connesse con la trattativa. Il processo prosegue a Palermo, dunque. E alla corte spetterà alla prossima udienza, fissata per il 26 settembre, risolvere le questioni legate alle richieste di prove fatte dalle parti. Solo i pm hanno citato 178 testi, tra i quali il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

 

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