Nelle province di Napoli, Caserta, Bergamo e Milano, i Carabinieri della Compagnia di Caserta, con il supporto di quelle territorialmente competenti, a conclusione di un’articolata attività di indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Napoli, hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare emessa dall’ufficio Gip del Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura, nei confronti di 18 persone gravemente indiziati, a vario titolo, per associazione per delinquere finalizzata a favorire l’illecito ingresso e l’indebita permanenza nel territorio italiano di stranieri clandestini e irregolari. L’attività investigativa, avviata nel luglio 2019, ha consentito di individuare una consolidata organizzazione che aveva come finalità principale il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sul territorio italiano attraverso lo schema del cosiddetto «matrimonio di comodo» tra cittadini italiani compiacenti, che percepivano in cambio della loro disponibilità un corrispettivo in denaro, e cittadini extracomunitari, ai quali venivano richiesti fra 5000 e 6500 euro in contanti, che potevano poi così richiedere il rilascio del permesso di soggiorno. Il gruppo criminale era ramificato nei comuni di Napoli, Castel Volturno, Mondragone, San Cipriano d’Aversa e Avezzano. Nel corso dell’attività d’indagine, inoltre, sono stati riscontrati più di quaranta matrimoni fittizi ed è stato accertato un volume di affari di quasi duecentomila euro quale provento dell’attività delittuosa. Cinque persone sono finite in carcere, altre 11 invece ai domiciliari, Per altri due indagati, invece, è stato disposto l’obbligo di dimora. Gli indagati sono 5 stranieri e tredici italiani, tra cui due donne. Per gli investigatori venivano reclutate donne compiacenti o in stato di indigenza che si rendevano disponibili a contrarre matrimonio. Le indagini sono partite dalla provincia di Caserta e successivamente estese in diverse località italiane. È capeggiata da una donna – già nota alle cronache con il nome della «maga dei promessi sposi» – ed è composta soprattutto da donne l’organizzazione a delinquere che gestiva i falsi matrimoni. Diciotto le misure emesse dal Gip di Napoli (cinque in carcere, undici ai domiciliari e due obblighi di dimora), tredici riguardano appunto donne, tra cui Zia Maria, al secolo Matilde Macciocchi, nota anche come «a bionda», 61enne residente nel quartiere napoletano di Ponticelli – base operativa di tutto il gruppo – finita in carcere con la factotum Antonietta Noletto. Zia Maria è una «vecchia conoscenza» dei finti matrimoni, già in passato arrestata e indagata per gli stessi fatti; emblematico un articolo di giornale del 2012 allegato agli atti dagli inquirenti, dal titolo «Donna Matilde, maga dei promessi sposi». La Macciocchi, oltre ad organizzare il sistema, occupandosi di reperire e ospitare gli immigrati, falsificare i documenti di residenza e gli stati di famiglia, procacciava con la Noletto le ragazze per i matrimoni, spesso indigenti e dunque bisognose, come le sorelle di 27 e 29 anni Jessica e Francesca Riccardi Catino, o la 21enne Enrica Russo – le tre sono finite ai domiciliari – che come le altre «spose» hanno contratto più matrimoni, figurando anche come testimoni per altre nozze di comodo; la sola Francesca Riccardi, che lavorava in un bar di Ponticelli dove il gruppo aveva la propria base, si è sposata cinque volte.

«Se vieni adesso tengono pronta la ragazza, non ti preoccupare ci mettiamo d’accordo. Mi conoscono tutti da Milano a Napoli». È così che «zia Maria» risponde nel settembre del 2019 ad un immigrato marocchino che la contatta. «Un mio amico vuole matrimonio capito? » dice esplicitamente lo straniero. È nelle intercettazioni, nonostante ad un certo punto gli indagati inizino ad usare per cautela un linguaggio criptico e a ridurre le conversazioni, che i carabinieri della Compagnia di Caserta hanno trovato le prove dei matrimoni di comodo. In un’altra telefonata intercettata, la Macciocchi «istruisce» uno straniero che ha appena avuto un bimbo garantendogli che ora avrà «subito il permesso. Sei papà di un bimbo italiano nato in Italia, hai capito? Facciamo bordello questa volta». L’immigrato, che dimora in Lombardia, ricorda poi a Zia Maria di un ragazza da far sposare al cugino. «Dammi una ragazza qui a Milano e il resto ci penso io», quindi chiude: «ma se non ha fatto nulla io ho qui un amico a Milano che fa tutto lui». Ancora più esplicita un’altra telefonata tra zia Maria e un altro immigrato. «Porta qualcosa per i testimoni – si raccomanda la donna – porta qualcosa di soldi, porta qualcosa per il Comune che facciamo controllo e tutto, domani chiudiamo». E se non veniva saldato tutto “zia Maria” non dava seguito all’iter per far ottenere il permesso di soggiorno all’immigrato che aveva contratto le nozze fittizie. Emerge da una delle telefonate intercettate tra la 61enne e una donna marocchina, Karima El Hariri (finita ai domiciliari), il cui cugino ha sposato un’italiana compiacente, ma che non ha provveduto a saldare quanto pattuito (tra i 5 e i 6mila euro), tanto da non aver ancora avuto un falso certificato di residenza necessario per il permesso. «Tu dovevi mandare ancora soldi e non li hai più mandati, altrimenti io li portavo a lui e gli facevo fare il controllo» dice zia Maria. «Come facciamo adesso?» dice la ragazza. «Prende la residenza lui a Mondragone e facciamo tutto a Mondragone; ma lui non mi ha mandato i soldi» ribadisce la Macciocchi. In un’altra conversazione con un marocchino, emerge il prezzo dell’affare illecito. «Seimila e mezzo, seimila e cinquecento euro» dice il maghrebino. «Si ok» risponde a donna. In una diversa telefonata, è poi la stessa Macciocchi a dire il prezzo all’interlocutore. «Sei e mezzo»; «seimila euro» dice lo straniero fingendo di non aver inteso, e zia Maria lo corregge: «e mezzo», quindi gli dice come fare. «Acconto non metterlo; manda prima i soldi dei documenti». Ad un altro straniero la Macciocchi spiega di portare i soldi perché «dobbiamo pagare a Biagio del Comune»; nell’indagine comunque di dipendenti di Comuni indagati non ve ne sono.

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