Una decisione “inevitabile” quella sullo stop firmato da Vladimir Putin alle adozioni di orfani russi da parte di americani, ma “non certo la fine del Reset” tra Russia e Usa. Anzi “i dossier importanti sono altri” nelle relazioni bilaterali, ha detto a Tmnews Kirill Koktysh, docente di teoria politica all’Università di Mosca MGIMO.
Mentre per Edward Lozansky, presidente dell’American University a Mosca, la firma fa comodo “ai nemici del Reset” delle relazioni tra Mosca e Washington inaugurato da Barack Obama e Dmitri Medvedev. Intanto sono in molti a sottolineare come a pagare – per lo scambio di sgarbi tra i due Parlamenti – saranno proprio gli orfani russi. E tra loro quei 52 bambini quasi in partenza, non tanto per l’America, quanto verso una famiglia disposta ad accoglierli. I loro dossier sono congelati ora da questa legge che prende il nome di Dima Yakovlev, anche lui orfano russo, morto per un colpo di calore nel 2008 in America, dopo che il padre adottivo statunitense lo aveva dimenticato in macchina nella calura estiva. Il padre è stato assolto dall’accusa di omicidio colposo. Mentre da Mosca si torna a far notare che “gli Stati Uniti sono uno dei tre paesi al mondo che non partecipano alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo”. La legge tiene banco sui media russi e internazionali ormai da oltre una settimana. Almeno da quando Putin, alla conferenza stampa di fine anno, lo scorso 20 dicembre, ha fatto capire che avrebbe firmato il provvedimento: dichiaratamente una ritorsione dopo che il presidente Usa Barack Obama ha firmato la cosiddetta Lista Magnitsky, un elenco di nomi di funzionari russi banditi dal territorio statunitense perchè coinvolti nella morte in carcere dell’avvocato Sergei Magnitsky. Ieri il numero due della lista, Oleg Logunov è stato promosso dal presidente Putin a vice inviato presidenziale nel Distretto Federale Nord-Ovest, mentre veniva riaperto il processo – postumo – allo stesso avvocato di Hermitage Capital Magnitsky. Oggi è stato invece assolto dall’accusa di negligenza Dmitry Kratov, ex vicedirettore del carcere Butyrka dove Magnitsky morì per una pancreatite non curata.
“Dal mio punto di vista entrambe le camere, il Congresso degli Stati Uniti e il parlamento russo, si sono rese colpevoli di imporre un danno inutile alle relazioni tra Stati Uniti e Russia”. Così spiega a TMNews Edward Lozansky, presidente dell’American University a Mosca. Lozansky guida oggi l’ateneo creato nel 1990 con il sostegno del padre della perestrojka Mikhail Gorbachev e dell’allora capo della Casa Bianca George H. Bush. “Penso che Obama e Putin non fossero eccitati per la firma rispettivamente del ‘Magnitsky Act’ e della legge ‘Dima Yakovlev’ ma non avevano altra scelta, alla luce del massiccio sostegno da parte dei legislatori di entrambi i paesi”. Per l’esperto bisogna semplicemente “aspettare” che il caso si sgonfi. Per “dare a Washington e Mosca la possibilità di riparare il danno: Obama e Putin devono concentrarsi” sull’agenda del loro prossimo summit e “non permettere ai nemici del Reset di avere il sopravvento”. Secondo Koktysh invece ci sono aspetti più importanti delle relazioni bilaterali, come ad esempio gli investimenti, che non cambiano di una virgola. E da quello si capirebbe quanto superficiale sia lo scambio di sgarbi. Ma al di là delle relazioni diplomatiche, ci sono problemi concreti che deriveranno dallo stop all’accordo. Alquanto balzana sembrava la spiegazione del difensore civico presso il Cremlino in materia di diritti dei bambini, Pavel Astakhov: “Non stiamo parlando di abrogare il presente accordo (con gli Usa). La Russia si ritira dal contratto con gli Stati Uniti sulle adozioni”, ha detto Astakhov. “Il documento cessa di essere valido per noi, a partire dal primo gennaio 2013”, ha detto.
Prima di lui, però, si era espresso molto chiaramente il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov. “Non credo che dovremmo vietare adozioni di bambini russi da parte di famiglie americane” aveva detto proprio il 20 dicembre, giorno della conferenza stampa di Putin, in cui il leader del Cremlino aveva anticipato la firma di oggi. “Eravamo vicino a dover prendere seriamente in considerazione tale misura nella fase in cui non era possibile concludere un accordo sulla cooperazione in materia di adozioni internazionali con gli Usa” aggiungeva Lavrov, entrando poi nel merito di un caso concreto: quello di un bimbo che vive in Florida, Maxim Babaev. I suoi genitori sarebbero in galera e il ragazzo è stato affidato a un’altra famiglia. Tuttavia Mosca, attraverso il suo ufficio consolare, non riesce a mettersi in contatto con il ragazzo. “Un obbligo del Dipartimento di Stato Usa è fornirci l’accesso” spiegava Lavrov. “Se fermiamo le adozioni, significa solo una cosa: dobbiamo abrogare il presente accordo. Se lo abroghiamo, non vi sarebbe alcuna possibilità legale per richiedere l’accesso ai nostri bambini. Almeno questo è un buon motivo per non arrivare a tanto”. Evidentemente al Cremlino, non la pensano alla stessa maniera.