L’uomo che attentò alla vita del Papa rivendica le sue “verità”: “Dissi a Giovanni Paolo II, nell’incontro che ebbi con lui a Rebibbia, che a ordinarmi di ucciderlo fu l’ayatollah Khomeini”, dichiara Ali Agca in un’intervista all’ANSA, ribadendo la tesi della pista islamica per l’attentato del 13 maggio 1981 in Piazza San Pietro e contestando le smentite date dal Vaticano a quanto l’ex “lupo grigio” ha scritto nella sua autobiografia “Mi avevano promesso il Paradiso”, uscita recentemente per Chiarelettere.
In più, ripete che Wojtyla lo invitò a convertirsi al cristianesimo – “lo fece pubblicamente all’Angelus nell’anniversario dell’attentato” – e anche che ricevette lettere dall’allora cardinale Ratzinger. In sostanza, “tutto quello che dice il portavoce vaticano è falso”, dice Agca al telefono dalla Turchia a proposito delle smentite di padre Federico Lombardi nel giorno d’uscita del libro, il primo febbraio scorso. “Confermo tutto quello che c’é nel mio libro”, afferma con tono perentorio. “Lasciamo da parte le chiacchiere, guardiamo ai dati di fatto”, aggiunge poi, invitando i giornalisti a “onorare la verità”. “Padre Lombardi porta come testimone il card. Stanislao Dziwisz, all’epoca segretario di Giovanni Paolo II – osserva Agca -, ma anche dalle immagini tv dell’incontro nel carcere di Rebibbia si può vedere che per 22 minuti io parlai segretamente col Pontefice”.
“Il segretario era con i giornalisti davanti alla porta e non ha sentito niente, quindi non può dire che io non parlai con Giovanni Paolo II del fatto che fu Khomeini a ordinarmi di ucciderlo”, spiega. Il “secondo dato di fatto”, poi, dice contestando un’ulteriore sconfessione di Lombardi, è che “il Papa mi invito alla conversione, e lo fece pubblicamente”. “Il 13 maggio 1984 – racconta -, all’Angelus in Piazza San Pietro, disse che ‘questi giorni di anniversario dell’attentato devono essere un’occasione di conversioné. E il giorno prima il cappellano del carcere mi aveva annunciato che in quell’occasione ci sarebbe stato un messaggio per me, tanto che io poi guardai le immagini al telegiornale”. Ali Agca, oggi uomo libero dopo la “grazia” per l’attentato e dopo aver scontato altri debiti con la giustizia in Turchia, conferma anche di aver ricevuto lettere dall’allora cardinale Ratzinger, “lettere che anche il giudice Ferdinando Imposimato ha riferito di avermi visto in mano.
Che motivo avrebbe avuto per mentire?”. “Khomeini mi diede personalmente l’ordine di uccidere il Papa – ribadisce -, che era considerato l’incarnazione di Satana. Questo aveva a che fare anche con la profezia di Fatima, perché i musulmani ritengono che nella cittadina portoghese apparve non la Madonna, ma la figlia del Profeta, che si chiamava appunto Fatima”. Agca, sottolineando che Khomeini “é responsabile di molti crimini” e diede almeno “mille ordini di morte”, ricorda di aver trascorso “cinque mesi in Iran, a Teheran e a Qom, senza documenti, dal gennaio al maggio 1980”. “Ci sono prove, ci sono persone che ho visto”, osserva. A sostegno delle sue affermazioni spiega anche che “ci sono due persone ancora vive: perché non chiedete a loro?”. In particolare si riferisce ai suoi “addestratori” in Iran, Mohsen Rezai, poi diventato capo dei Pasdaran, e Jaffar Subhani, “un turco iraniano che mi ha indottrinato nella città santa di Qom”. “Se si chiede loro, devono rispondere – avverte Agca -. E anche il governo iraniano deve farlo”. Per ora, invece, l’ambasciata di Teheran in Italia ha definito “inaccettabile” quello che dice Agca, che “ferisce profondamente la sensibilità del popolo iraniano”. L’Ambasciata ha parlato di “intenzioni non documentabili”, “infamanti” e di “gravi e infondate accuse” al fondatore della Repubblica islamica. Però l’ex “lupo grigio” insiste, si accalora. S
e la prende col Vaticano che “ce l’ha con l’editore Chiarelettere perché ha pubblicato le carte segrete del Papa”, vedi il libro “Sua Santità” di Gianluigi Nuzzi: quindi “per vendicarsi ha cercato di affondare questa mia autobiografia”. Ricorda che “il Papa ricevette ben quattro volte la mia famiglia”. E sottolinea che nell’Anno Santo della Redenzione, il 1983, “uno degli obiettivi era la mia conversione”. “Lo dimostra quanto scritto in prima pagina dall’Osservatore Romano il 21 ottobre 1984 – rammenta con puntiglio – e cioé che nell’Anno Santo della Redenzione ‘ci sono stati due eventi importanti: il primo e’ la consegna della croce del Papa a un milione di giovani durante la Pasqua e il secondo è l’incontro tra Alì Agca e il Papa nel carcere di Rebibbià. In questo incontro, scriveva il giornale della Santa Sede, ‘c’é la speranza per tutto il mondò”. “Ora il Vaticano smentisce – aggiunge – ma che importa? Questa è la realtà dei fatti”.