La Germania apre a un nuovo patto per la crescita in Europa. “Stiamo preparando un’agenda di crescita per il prossimo summit europeo di giugno”, ha annunciato oggi la cancelliera tedesca Angela Merkel in un’intervista al quotidiano locale Leipziger Volkszeitung. Per dirla con le parole del premier Mario Monti – che ieri e oggi a Bruxelles ha proseguito nella sua paziente opera di tessitore – dopo aver portato a casa il ‘rigore’ con il fiscal compact, la cancelliera ‘di ferro’ sembra ora più disposta a fare strada all”equita”. E alla crescita. Il patto per la crescita in Europa “si può fare in ogni caso con me, indipendentemente da qualsiasi elezione”, ha spiegato la Merkel in un’intervista radiofonica riferendosi alle polemiche a distanza con il candidato socialista alle presidenziali francesi Francois Hollande.
Del resto “il tema che alcuni ora sollecitano (la crescita, ndr) – aveva detto la cancelliera -, é da tempo la seconda colonna della nostra politica al fianco di finanze solide”. Berlino non intende però rinunciare alle sue conquiste: il fiscal compact “non è rinegoziabile”, è stato sottoscritto da 25 capi di Stato e di governo e in parte è già stato ratificato, ha ribadito Merkel. La distanza con il keynesismo evocato in Francia dal candidato socialista alle presidenziali Hollande rimane dunque grande. “Lo ripeto ancora una volta – ha detto la cancelliera tedesca alla radio Ndr -: non solo crescita con programmi congiunturali, ma anche crescita attraverso le riforme strutturali”. Ma se le posizioni appaiono ancora difficilmente conciliabili – rigorismo contro keynesismo – la linea mediatrice del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi e del premier Mario Monti, entrambi per nulla inclini al deficit spending ma meno ossessionati dal rigorismo di Berlino e della Bundesbank, sembra quella vincente. Draghi l’aveva detto esplicitamente per primo due giorni fa, durante un’audizione al parlamento europeo: dopo i progressi fatti dai Paesi dell’eurozona sulle politiche di bilancio, ora serve “un patto per la crescita”, per cui i governi dovranno essere “più ambiziosi”. E a proposito, in un incontro di oltre un’ora con il presidente della commissione Ue, José Manuel Barroso, oggi Monti ha concordato con il suo interlocutore una strategia di crescita legata più al “miglioramento della competitività” che non “ad un ulteriore indebitamento”. In definitiva, la via mediana passa per gli “investimenti mirati” evocati da Monti e Barroso in relazione ai project-bond – seppur non citati esplicitamente -, la ricapitalizzazione della Banca europea degli investimenti sostenuta anche da Bruxelles e un ulteriore sviluppo del mercato unico sulla base dell’aumento della concorrenzialità. Unico punto, quest’ultimo, su cui il governo tedesco finora si è sempre detto favorevole. Alleati liberali della Fdp compresi. Per misurare le reali possibilità di avvicinamento tra Berlino – che rischia l’isolamento anche dopo la caduta dell’ex premier Rutte nei Paesi Bassi – e il resto d’Europa bisognerà comunque attendere i due prossimi appuntamenti elettorali tedeschi di maggio, nei Lander dello Schleswig-Holstein prima e del popolosissimo Nordreno-Vestaflia poi. A urne chiuse, è noto, si ragiona meglio.