Riaprono i cancelli della Foxconn di Taiyuan, scenario domenica notte di un’accesa rissa che ha coinvolto oltre 2.000 dipendenti di cui 40 sono finiti all’ospedale. All’esterno della fabbrica un nastro registrato invita a mantenere l’ordine. All’interno le linee che producono per Dell, Sony, Nokya e, soprattutto, perApple hanno ripreso a funzionare, dopo lo stop di 24 ore di lunedi’ per agevolare le indagini sulle cause che hanno fatto esplodere il tafferuglio, sedato dopo 4 ore e con l’intervento di 5.000 poliziotti.

Mentre la polizia, riferisce AgiChina24, prosegue le ricerche e la “fabbrica dei suicidi” – come fu rinominata dopo che nel 2010 15 dipendenti si tolsero la vita stremati dalle condizioni lavorative – fa sapere che “la lite e’ scoppiata per frizioni personali tra gli operai”, alcuni lavoratori hanno fatto sapere che “la tensione tra gli operai e gli addetti alla sicurezza e’ esplosa domenica sera dopo che un dipendente e’ stato malmenato”. Non e’ ben chiaro se a picchiare sia stato un lavoratore o una guardia, ma il portavoce di Foxconn Louis Woo si e’ affrettato a precisare che “il personale incaricato della sicurezza era sotto contratto con una terza parte” aggiungendo che “non avevano un buon atteggiamento”. Gia’ in passato gli apparati di sicurezza dell’azienda taiwanese erano diventati noti per i maltrattamenti inflitti al personale. Tuttavia tra le associazioni che si battono per la difesa dei lavoratori cinesi l’ipotesi sempre piu’ accreditata e’ che ad accrescere il malcontento sia stato soprattutto l’arrivo dagli stabilimenti Foxconn dell’Henan e dello Shandong di nuovi gruppi di operai, di rinforzo ai gia’ 79mila di Taiyuan. Una presenza troppo ingombrante soprattutto negli affollati dormitori. E’ la diretta conseguenza di una produzione che viaggia a ritmi sostenuti e della politica aziendale Foxconn: “In totale abbiamo piu’ di un milione di lavoratori in Cina il che ci offre il vantaggio di mobilitare i nostri operai quando una linea di produzione richiede all’improvviso piu’ manodopera. Accade molto spesso di ri-localizzare i dipendenti” ha spiegato Woo. Una necessita’ improvvisa come quella di soddisfare la domanda dello smartphone piu’ atteso dell’anno, l’iPhone5 per la cui uscita all’inizio di settembre migliaia di studenti universitari di Huai’an, nella Cina orientale, venire cooptati dalle autorita’ locali, forzati a interrompere le lezioni, e spediti al lavoro negli stabilimenti Foxconn. Ma per ora questa rimane solo un’ipotesi: nonostante un lavoratore abbia dichiarato che le linee stanno producendo pezzi dell’ultima creatura nata in casa Apple, la societa’ non ha mai confermato che lo stabilimento di Taiyuan assembli l’iPhone5. Ma i gruppi per la difesa dei lavoratori non hanno dubbi: la responsabilita’ ultima e’ dell’azienda di Cupertino che mette il profitto prima della salute dei dipendenti. “L’intera catena di produzione Apple presenta problemi” sostiene Li Qiang della China Labor Watch che da anni studia i due colossi. “Strategie di marketing e vendite includono improvvisi lanci dei prodotti che si traducono in forte pressione per i lavoratori”.

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