L’emergenza è lontana dall’essere finita e per l’Italia e l’Europa le prossime settimane saranno decisive. Mario Monti lo dice chiaro e tondo: la crescita è l’obiettivo, ma senza rigore non si raggiunge. E sembra così rispondere a quanti, soprattutto in Parlamento,
gli chiedono di abbandonare la strada della disciplina di bilancio per imboccare quella ‘fase due’ dedicata alla crescita. Nelle parole del presidente del Consiglio si legge tutta la preoccupazione di chi sa che le possibili ripercussioni di un fallimento di Atene potrebbero avere gravi conseguenze sull’intera Eurozona. A cominciare dai partner più fragili: Madrid e Roma. In questo quadro di forte allarme, il capo del governo incassa l’apprezzamento del Fondo Monetario Internazionale, che per bocca del direttore del Dipartimento europeo, Reza Moghadam, loda l’azione riformatrice dell’Esecutivo.
L’economista del Fmi parla di “notevoli progressi” che hanno fatto dell’Italia un “modello” in Europa. Certo, aggiunge Moghadam, ora servono misure per crescere, a cominciare dalla riforma del lavoro che deve essere approvata al più presto. Ma è lo stesso premier a spostare sul piano europeo la discussione. A suo giudizio, infatti, i singoli Paesi Ue possono poco di fronte ad una crisi che richiede risposte comuni. Il tono è come sempre pacato, ma le sue parole – pur se ben calibrate – trasmettono forte apprensione. “Le prossime settimane – ammonisce nella sala stampa del Tesoro a fianco della delegazione del Fmi – saranno decisive per il futuro dell’Italia e dell’Ue”.
Poco prima, inaugurando il Forum della Pubblica Amministrazione – dove, pur riconoscendo la legittimità di una certa “insofferenza” da parte della gente chiede “rispetto” per i dipendenti di Equitalia che subiscono inquietanti minacce – il professore replica a quanti, soprattutto nei partiti, gli chiedono di passare dalla ‘fase uno’ alla ‘fase due’. Una distinzione che il premier non accetta: ricorda di non aver mai usato la parola “austerità” e di aver lavorato fin dall’inizio del suo mandato al rilancio dell’economia. Ma “per un Paese sull’orlo del precipizio” ciò significava in primo luogo metter in sicurezza i conti.