Il G7 continua a fare pressioni sulla Germania per ottenere impegni precisi, la Spagna e’ ormai alle corde e gli Stati Uniti continuano a incalzare l’Ue affinche’ faccia ”presto” e ”di piu”’ per superare la crisi. Per il futuro dell’eurozona quella di oggi e’ stata l’ennesima giornata di passione.
In attesa che domani la Bce esca allo scoperto – ci si attende un taglio del tasso d’interesse di un quarto di punto – e la Commissione europea presenti finalmente il suo piano per affrontare in maniera organica la crisi del settore bancario compiendo un primo passo verso l’Unione bancaria. Chi si attendeva indicazioni concrete dalla teleconferenza d’emergenza svoltasi tra i ministri delle Finanze del G7 e’ rimasto ancora una volta deluso. Convocata per fare il punto sulla preoccupante situazione in Europa, con particolare rifermento alla crisi del sistema bancario spagnolo – come rivelato dal ministro canadese Jim Flaherty – la teleconferenza, secondo quanto riferito dal titolare delle Finanze giapponese Jun Azumi, ha prodotto solo un impegno da parte dei partner Ue a dare una ”risposta rapida” alla crisi dell’eurozona. Crisi che intanto si fa sempre piu’ pesante.
Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha lanciato un vero e proprio Sos. ”Abbiamo un problema di finanziamento, liquidita’ e sostenibilita’ del debito”, ha ammesso parlando al Senato di Madrid dove, per la prima volta, si e’ espresso in favore del varo degli Eurobond per allentare la pressione dei mercati sullo spread tra i titoli di Stato spagnoli e quelli tedeschi. Poco prima il suo ministro del Bilancio, Cristobal Montoro, aveva chiesto all’Europa di mettere a disposizione fondi per le banche spagnole senza pero’ fare alcun riferimento all’eventualita’ di un ricorso al fondo salva-Stati Efsf. La Spagna spera probabilmente che un segnale di speranza giunga domani da Francoforte, dove si riunira’ il direttivo della Bce. Ma i riflettori sono puntati anche su Bruxelles.
Il commissario Ue per il mercato unico Michel Barnier presentera’ una proposta di direttiva per riuscire a dare finalmente, a quasi quattro anni dalla sua esplosione, una risposta ‘sistemica’ alla crisi delle banche cercando di spostarne il peso dalle spalle degli Stati (e quindi dei contribuenti) a quelle degli azionisti. Alla Commissione sottolineano che l’appuntamento solo casualmente e’ stato fissato proprio mentre si parla sempre con maggiore insistenza della nascita di una vera e propria unione bancaria. E tuttavia si riconosce che la prevista rete di fondi di risoluzioni nazionali che la direttiva prevede di mettere in campo per sostenere i costi delle ristrutturazioni rappresenta un ‘embrione’ di quel fondo paneuropeo che costituira’ uno dei quattro pilastri della futura unione insieme a una garanzia unica sui depositi, una solo autorita’ di vigilanza e un insieme di regole comuni per la supervisione prudenziale.
Ma intanto dagli Stati Uniti la Casa Bianca continua a incalzare l’Ue. ”L’Europa ha intrapreso passi importanti per affrontare la crisi – ha ribadito oggi Michael Froman, uno dei consiglieri di Barack Obama – ma i mercati si attendono di piu’, e bisogna fare di piu”’. ”Non ha senso rinfacciarsi le responsabilita’ gli uni con gli altri”, ha replicato dal canto suo il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius. ”Non mi risulta che la crisi sia nata in Europa. Leheman Brothers non era una banca ne’ italiana ne’ francese”.