Non aveva in quel momento una pistola tra le mani Mark Duggan, ma la sua uccisione da parte della Polizia di Scoltand Yard nel 2011 e’ stata ”legittima”. Perche’ con tutta probabilita’ aveva abbandonato l’arma poco prima, perche’ le forze dell’ordine devono agire in pochi secondi. Questa la drammatica decisione della maggioranza dei giurati (8 su 10) della Royal Courts of Justice chiamati ad esprimersi sull’operato dei poliziotti in quell’episodio, nell’agosto del 2011 nel quartiere londinese di Tottenham, che scateno’ l’ondata di scontri in uno dei momenti piu’ violenti nella storia recente di Londra. Una sentenza cui e’ seguita la rabbia urlata da familiari e pubblico fin dall’interno dell’aula. ”La vita di un nero non vale niente” si sente scandire, mentre un rappresentante di Scotland Yard tenta di leggere il suo messaggio alla folla radunata davanti al tribunale questa sera. ”Non possiamo credere che questo sia il risultato dell’inchiesta”, ha detto l’avvocato che rappresenta la famiglia della vittima, Marcia Willis Stewart, sottolineando poi che quella sparatoria ”si poteva evitare”.

La madre di Duggan, Pam, è svenuta in tribunale alla lettura della sentenza. Mentre il fratello del 29enne freddato dagli agenti poco piu’ di due anni fa ha rabbiosamente offeso la polizia. ”E’ stata un’esecuzione” ha dichiarato la zia. Il caso potrebbe sollevare nuove tensioni razziali a Londra. Già questa sera lungo le strade di Tottenham e’ stata rafforzata la presenza della Polizia nel timore di disordini. Paura che ha indotto anche il ministero dell’Interno a criticare l’intervento del sindaco di Londra che dopo la sentenza ha espresso la sua vicinanza alla famiglia di Daggan difendendo allo stesso tempo le forze dell’ordine esposte quotidianamente al rischio. Un commento giudicato inopportuno data la situazione di inevitabile tensione e con un’inchiesta ancora in corso. Resta infatti aperta un’inchiesta di una commissione indipendente interna alla Polizia, mentre non e’ escluso che la famiglia di Duggan possa continuare la sua battaglia legale. Il verdetto emesso oggi arriva a conclusione di un’inchiesta avviata lo scorso settembre: secondo quanto emerge dalla sentenza, la giuria reputa che Duggan – sospettato di far parte di una gang – il 4 agosto del 2011 fosse armato mentre si trovava a bordo di un taxi quando fu fermato da una pattuglia della polizia. Si sarebbe poi liberato della pistola gettandola dal finestrino. Una volta sceso dal veicolo venne colpito a morte dagli agenti che avevano visto in lui una ”minaccia letale”. L’agente che aprì il fuoco, conosciuto solo con la sigla V53, afferma di aver sparato per legittima difesa, perche’ aveva visto una pistola nelle mani del sospetto. L’arma è stata poi ritrovata a sei metri dalla scena della sparatoria. Nel corso dell’inchiesta la famiglia della vittima ha affermato che Duggan non era armato, avanzando perfino l’inquietante ipotesi che la polizia possa aver piazzato la pistola in quel punto al fine di scagionare gli agenti coinvolti nell’operazione.

 

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