Un migliaio di comunisti ha commemorato a Mosca il sessantesimo anniversario della morte di Josif Stalin, portando mazzi e corone di fiori alla tomba del dittatore sovietico sotto le mura del Cremlino, sulla piazza Rossa.

raccontarlo alle agenzie di stampa russe, lo stesso promotore dell’iniziativa Gennady Zyuganov, leader del Partito comunista, seconda forza politica del Paese. Dopo oltre mezzo secolo, la figura del “piccolo padre” rimane ancora al centro di un acceso dibattito in Russia, che riguarda il suo ruolo storico e le sue “colpe”. Una grande percentuale dei russi continua a dare un giudizio piu’ positivo che negativo su “Baffone”. Si tratta del 49% degli intervistati, secondo l’ultimo sondaggio del Centro demoscopico Levada, contro il 32% che condanna il dittatore senza appello.

 

Il giudizio positivo sulla figura di Stalin non e’, comunque, scissa dalla consapevolezza dei suoi crimini. Sempre stando al Levada, il 55% dei russi associa la morte del leader (il 5 marzo, 1953) con la fine del terrore e la liberazione di milioni di persone innocenti dalla prigione. Mentre “solo” il 18% la ritiene una perdita di un grande leader. Il direttore dell’Istituto demoscopico, Lev Gudkov, ha spiegato questi numeri con una sorta di “schizofrenia” collettiva che ha afflitto la Russia riguardo Stalin e che ora si sta trasformando in indifferenza col passare degli anni. Altri fattori indicano, invece, che la sua popolarita’ e’ cresciuta nell’ultimo decennio, durante il quale il Cremlino ha rispolverato una retorica e degli ideali fortemente sovietici. Tra il 1989 e il 2008, la percentuale di chi ritiene il dittatore georgiano come il personaggio storico piu’ importante di Russia e’ salita da 12% a 36%, sempre secondo il Levada. Un fatto che Gudkov lega, in parte, alla propaganda dell’era Putin.

A partire dal 2000, il presidente russo – spiega il direttore del Levada al Moscow Times – ha migliorato “in modo equivoco e silenzioso” l’immagine di Stalin e di tutta l’era sovietica, legando il sanguinario leader alla vittoria degli Alleati nella Seconda guerra mondiale e lodandone le politiche di modernizzazione. Nel giorno della Vittoria, quando la Russia celebra la sconfitta di Hitler da parte dell’Armata rossa, sono apparsi in questi anni i ritratti del sanguinario dittatore sugli autobus di linea a San Pietroburgo, mente alti funzionari di Stato si sono espressi a favore del ritorno del nome Stalingrado per l’attuale Volgograd, simbolo della resistenza russa contro i nazisti. Liudmila Alexeyeva, la veterana dei diritti umani nella Federazione, ha condannato questo fenomeno accusando “il regime di voler essere dittatoriale come quello di Stalin, ma senza il sangue. Vogliono che tutti abbiano paura e li lodino, tenendo la bocca chiusa”. Mentre la Chiesa ortodossa continua a denunciare ”i crimini” come le persecuzioni religiose e le repressioni, per Zyuganov con Stalin l’Urss era un Paese “difeso dal lavoro, dalla dedizione alla potenza della nazione, ai grandi ideali di giustizia e amicizia”. Tutti valori invocati ora dai comunisti “per uscire dalla crisi” attuale. In molti pero’ mettono in dubbio che l’era di Stalin fosse davvero quell’utopia di ordine, servizi di qualita’, strade pulite e assenza di crimine, di cui parlano tutti i suoi sostenitori e nostalgici. Come Oleg Khlevnyuk, storico degli Archivi nazionali russi. Al Moscow Times ha raccontato che il tasso di criminalita’ era molto alto anche sotto Stalin e che i burocrati erano comunque corrotti e la media delle persone viveva in assoluta poverta’. Per lo storico, questi miti non sono altro che il riflesso delle ansie per la Russia contemporanea: “Le preoccupazioni per la corruzione, il crimine e lo status del Paese hanno dato vita a un passato immaginario”.

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