Almeno dieci autobomba sono esplose oggi pomeriggio a Baghdad e in localita’ vicine alla capitale irachena, colpendo soprattutto aree popolate da sciiti e provocando oltre 50 morti – quasi 80 secondo alcune fonti – e un centinaio di feriti.
La nuova ondata di violenze conferma i timori di ritorno di un conflitto interconfessionale su larga scala nel Paese, dove le tensioni tra sciiti e sunniti sono alimentate anche dal conflitto siriano. Uno degli attentati e’ avvenuto sulla Via Sadun, una delle principali arterie del centro cittadino. Le altre esplosioni sono avvenute a Habibiya, nell’est della capitale, nel sobborgo di Nuova Baghdad, nel distretto settentrionale di Khadimiya, nel quartiere sud-occidentale di Bayya, in quello vicino di Um Al Maalef e in quello orientale di Shaab. Attacchi sono segnalati anche a Jisr Diyala, dieci chilometri a sud di Baghdad, a Madayen, 30 chilometri dalla citta’, e a Saba al Bor, 20 chilometri a nord. Nel clima di paura e confusione creatosi nella capitale, forze speciali della polizia sono state schierate nel quartiere benestante di al Mansur, nel settore ovest, dopo che si era diffusa la notizia della presenza di gruppi di miliziani armati pronti a compiervi attacchi. In mattinata, invece, un colonnello della polizia, Fadhil al Jubury, comandante del primo battaglione per le operazioni d’emergenza della polizia nella provincia settentrionale di Ninive, e’ morto nell’esplosione di una bomba posta sulla sua auto nel villaggio di Lazaka, 40 chilometri a sud di Mosul. Yasin Salih Kammash, ufficiale delle milizie Sahwa (‘risveglio’), create per combattere Al Qaida, e’ invece stato ucciso da un commando di uomini armati che ha attaccato la sua abitazione a Riydh, 55 chilometri a sud-ovest di Kirkuk. L’esercito e la polizia continuano intanto operazioni su vasta scala nella provincia occidentale di Al Anbar, dove e’ forte la presenza di al Qaida, per assicurarsi il controllo delle strade verso i confini con la Siria e la Giordania. Le guardie di frontiera hanno detto che tre siriani sono stati catturati dopo essere entrati illegalmente dal loro Paese. Attraverso questa porosa frontiera i ribelli jihadisti siriani vengono riforniti di armi e miliziani pronti a combattere al loro fianco.