Non sarebbero coinvolte nella strage di Nassiriya del 12 novembre 2003, secondo quanto si è appreso da fonti qualificate, le sette persone arrestate nelle ultime ore in Iraq. I responsabili dell’attentato, viene ribadito, sono stati già individuati in seguito agli accertamenti dei carabinieri del Ros e sono tutti deceduti.

Nove anni dopo la strage di Nassiriya, teatro dell’attacco più sanguinoso perpetrato contro militari italiani dopo la Seconda guerra mondiale e costato la vita a 19 connazionali, sette persone sono state arrestate in Iraq per complicità nell’attentato. Secondo quanto riferisce l’agenzia privata Aswat al Iraq, i sette sono accusati di avere partecipato all’organizzazione dell’attentato suicida del 12 novembre 2003 contro la Base Maestrale a Nassiriya. I sette, scrive l’agenzia citando una “fonte responsabile della provincia di Zikar”, hanno confessato di avere “appoggiato e assistito l’attentatore suicida”. Nell’attacco morirono 19 italiani (12 carabinieri della Multinational specialized unit, 5 uomini dell’Esercito e due civili) e 9 iracheni. Altre 58 persone rimasero ferite. La fonte citata dall’agenzia irachena ha detto che i sette arrestati – di cui non ha reso nota l’identità – avevano fatto parte del gruppo terroristico Jamaa al Tauhid al Jihad, legato ad Al Qaida, ritenuto responsabile dell’attentato. Ma si pensa che non abbiano alcun legame con gli autori di altri sanguinosi attentati nella regione negli ultimi tempi. In particolare di quello compiuto il 5 gennaio scorso da un kamikaze contro un posto di blocco delle forze di sicurezza a ovest di Nassiriya che ha provocato 50 morti. Una conferma dell’insicurezza che continua a regnare in Iraq anche dopo nove anni di occupazione americana – finita il mese scorso – e delle capacità organizzative di cui continuano a godere gruppi, legati, secondo le aurorità, ad Al Qaida. Anche oggi, secondo fonti di polizia, un attentatore è stato ucciso mentre cercava di attaccare un posto di blocco a Hammam Aleel, una località nel nord del Paese, circa 25 chilometri a sud di Mossul. L’uomo condannato come ideatore dell’attacco alle truppe italiane, Abu Omar al Kurdi, arrestato nel 2005 dalle truppe Usa, fu impiccato nel settembre del 2007. Le autorità irachene rimasero sorde alle richieste dei pm romani titolari dell’inchiesta italiana, Ionta, Saviotti e Amelio, che avevano chiesto loro di sospendere l’esecuzione per poter celebrare un processo in Italia alla presenza dello stesso al Kurdi. Al Kurdi, ritenuto uno dei luogotenenti dell’allora leader di Al Qaida in Iraq, Abu Musab al Zarqawi, confessò di avere organizzato ben 36 attacchi suicidi, compreso quello di Nassiriya contro la Base Maestrale, ospitata nei locali dell’ex Camera di commercio locale. Secondo quanto riferito da al Kurdi, anche ai carabinieri del Ros, l’uomo avrebbe preparato materialmente il camion-bomba insieme ad un altro terrorista, Haji Thamer, ucciso successivamente a Falluja. Secondo le stesse deposizioni, mentre Thamer sarebbe restato sul posto per documentare l’esito dell’operazione, a farsi saltare in aria con il camion sarebbero stati altri due uomini: Abu Zubeir al Saudi e l’algerino Bellil Belgagem. Oggi invece Aswat al Iraq fornisce un altro nome – forse uno pseudonimo – di uno degli autori dell’attacco: si tratta di Abel Qassem Abel Leil, di nazionalità marocchina.

 

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