I quattro giornalisti italiani sequestrati nel nord della Siria e tornati liberi dopo quasi nove giorni sono a Roma. L’inviato Rai Amedeo Ricucci, il fotoreporter Elio Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e la giornalista freelance Susan Dabbous, di origini siriane, sono stati riportati in Italia con un aereo speciale, un Falcon, atterrato all’aeroporto militare di Ciampino alle 22.
Con il segretario generale della Farnesina, ambasciatore Michele Valensise, erano presenti anche alcuni funzionari dell’unità di crisi della Farnesina e il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi. Poco prima dell’arrivo dell’aereo, lo zio di Susanna Dabbous, Toni Mira, redattore capo di Avvenire, ha raccontato la telefonata avuta nel pomeriggio con la freelance. “Per lei sono stati momenti di forte tensione e preoccupazione – ha detto – però, alla fine, l’ho sentita anche molto allegra. Mi ha riferito di aver pensato molto alla nonna materna Margherita, che è morta alcuni anni fa e ‘che sicuramente mi ha protetta dal cielo’ e poi ho pensato a papa Francesco. Come mai? Perché, ha spiegato, non bisogna mai arrendersì”.
A dare la notizia della liberazione era stato il premier e ministro degli Esteri ad interim Mario Monti. L’inviato Rai Amedeo Ricucci, il fotoreporter Elio Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e la giornalista freelance Susan Dabbous, di origini siriane, si trovano ora al sicuro in Turchia. “Stiamo bene, stiamo tutti bene. Ci hanno trattati bene e non ci hanno torto nemmeno un capello”, sono state le prime parole di Ricucci all’ANSA dopo la liberazione. “Eravamo in mano a un gruppo islamista armato che non fa parte dell’Esercito libero siriano”, ha raccontato. “E’ stato un malinteso”, ha assicurato, ribadendo che il gruppo sta bene ma che “ovviamente la privazione della libertà è una tortura psicologica”.
I quattro erano arrivati in Siria, nella zona di Guvecci controllata dai ribelli, il 2 aprile scorso, per un programma della trasmissione Rai La Storia siamo noi. Ricucci aveva annunciato sul suo blog, alla vigilia della partenza, che con i suoi collaboratori sarebbe stato in Siria dal primo al 15 aprile, realizzando collegamenti ogni giorno via Skype con un gruppi di studenti di San Lazzaro di Savena. All’inizio “ci hanno presi per spie” e volevano “controllare quello che avevamo girato”, “temevano che avessimo filmato la loro base logistica”, ma “ci hanno messo un sacco di tempo” Così Amedeo Ricucci a Rainews, dopo la liberazione in Siria, dove – spiega – è in corso “una guerra civile e di spie da una parte e dall’altra”.
Secondo le prime informazioni, i giornalisti sono stati trattenuti dai ribelli qaedisti della Jabat an Nusra. Nell’annunciare la liberazione dei quattro, Monti ha ringraziato l’Unità di crisi della Farnesina e le strutture dello Stato che “con impegno e professionalità hanno reso possibile l’esito positivo di questa vicenda, complicata dalla particolare pericolosità del contesto”. E ha espresso la sua gratitudine anche ai media, per aver rispettato la richiesta di riserbo che era stata avanzata sin dal primo momento. “Sollievo e soddisfazione” sono stati espressi dal presidente Giorgio Napolitano, mentre a Cetraro, il paese di Ricucci nel cosentino, è esplosa la gioia.