Parte in salita, con una riunione che produce soprattutto dubbi ma stabilisce un percorso a tappe forzate, la gestazione del patto che dovrebbe creare l’Unione di bilancio e salvare l’euro, e per ora assomiglia ad una ”simbolica operazione” di ”cosmetica politica”. L’obiettivo e’ comunque quello di mettere a punto la bozza definitiva per il 20 gennaio. In tempo per discuterla nell’Eurogruppo che si terra’ il 23 gennaio e presentare possibilmente il testo finale al Consiglio Europeo straordinario convocato da Herman Van Rompuy per il 30 gennaio. Ai dubbi giuridici (ma anche politici) sul Trattato che arrivano da Bruxelles, si sommano quelli sulle sorti del progetto di rafforzamento delle risorse del Fmi.
Dopo che 13 dei 17 dell’Eurozona si sono accordati ieri per suddividersi 150 dei 200 miliardi necessari e dopo l’appello al G20 lanciato ieri dal presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, oggi il portavoce del ministro delle finanze tedesco ha affermato che la lista dei ‘volenterosi’ esterni all’Eurozona che decideranno di partecipare si conoscera’ solo il mese prossimo. La Gran Bretagna potrebbe entrarci, ma via G20. Nei palazzi di Bruxelles intanto si acuisce la tensione con la Gran Bretagna, che ieri si e’ messa di traverso nell’accordo per una regolamentazione europea sui Derivati Otc. E che ha gia’ annunciato di essere contraria alla ‘stretta’ sulle norme per le agenzie di rating che il Parlamento europeo (relatore, l’ex sindaco di Firenze Leonardo Domenici, Pd) cerchera’ di approvare entro la prossima estate.
Mentre lo spread Btp-Bund cala ed i mercati si rilassano, sale invece la tensione tra le istituzioni europee per il volto della nuova Europa che potrebbe nascere dal ‘Trattato salva-euro’. Voluto da Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, ripudiato da David Cameron, presentato in bozza venerdi’ scorso, sul testo dell’ ‘Accordo internazionale per una Unione economica rinforzata’ (questa l’intestazione ufficiale) hanno cominciato ufficialmente a lavorare oggi le delegazioni dei 17 dell’Eurozona (con il consigliere diplomatico di Angela Merkel in quella tedesca), allargata ai 9 che si sono detti interessati, piu’ quella del Regno Unito in veste di ‘osservatore’ e quella del Parlamento europeo, composta dall’italiano Roberto Gualtieri (Pd/S&D), dal tedesco Elmar Brok (Cdu/Ppe) e dall’ ex premier belga Guy Verhofstadt (Open Vlaams, liberali/Alde). Dopo le tre ore e mezza di riunione nella sede della Commissione europea i parlamentari hanno riferito ai colleghi delle Commissioni Economica e Affari Costituzionali. Dubbi sugli equilibri istituzionali, sul ruolo di Parlamento e Commissione in quello che Gualtieri ha definito un ”trattato simbolico”, di valore essenzialmente ”politico”.
Di fatto il testo che circola ripropone larga parte dei provvedimenti della governance economica rafforzata dal ‘6 pack’ entrato in vigore appena il 13 dicembre scorso. Per l’Italia sarebbe semmai preoccupante quanto previsto dall’art.4 del nuovo Trattato che prevede di rientrare al 60% del rapporto debito/pil al ritmo di un quinto all’anno per la parte eccedente e senza tenere conto dei ”fattori rilevanti” (come il livello del debito privato) che potrebbero rallentare il ritmo. E per la Francia e’ preoccupante che sia appena abbozzata, nell’art.10, la possibilita’ di far convergere i sistemi fiscali. Ma intanto per i mercati, come ha sottolineato Verhofstadt, quello che conta e’ l’apertura della linea di credito a tre anni della Bce per le banche europee.